Snowden esce allo scoperto: “Asilo a Mosca”

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MOSCA — La Talpa è in trappola ed è costretta a chiedere asilo alla Russia. Lasciare la zona franca dell’aeroporto di Sheremetevo per fuggire in America Latina è diventato troppo pericoloso. Meglio affidarsi a Putin e promettere di «non arrecare più alcun danno agli Usa». Il Cremlino fa sapere che ci penserà e che cercherà ulteriori garanzie. Ma la Casa Bianca avverte che da un eventuale asilo in Russia «nascerebbero problemi » fra i due Paesi e annuncia un summit telefonico fra Obama e Putin.
Edward Snowden ha dunque deciso di venire allo scoperto ieri mattina dopo tre settimane vissute come un’ombra invisibile ma sotto stretta sorveglianza dei servizi segreti russi. Ha convocato nel suo nascondiglio in aeroporto una delegazione di operatori per la difesa dei diritti umani e ha rivolto il suo appello pubblico al Cremlino. Visibilmente dimagrito, voce tremula, aria stanca, si è perfino lasciato scattare una foto mentre conduceva quella che a molti è sembrata una recita ben programmata. Nella lista degli invitati da Snowden, autorizzati dalla sorveglianza a oltrepassare le frontiere e a penetrare nella area transiti, c’erano i rappresentati di due Ong al di sopra di ogni sospetto come Human Rights Watch e Amnesty International. Ma il resto della delegazione era composta da membri della sezione diritti umani del Cremlino e di altre Ong palesemente filo governative.
Nel clima di sospetti e di false notizie che si è diffuso sin dal primo giorno dell’arrivo di Snowden a Mosca, l’annuncio della riunione ha concentrato su di sé l’attenzione dei media di tutto il mondo. Funzionari molto ben informati dell’ambasciata americana di Mosca hanno avuto in anticipo la lista e hanno bersagliato gli interessati di telefonate con messaggi da recapitare all’uomo più ricercato del momento. Il succo era: «Ditegli che non è un perseguitato e nemmeno un difensore dei diritti umani ma solo un criminale che sta sfuggendo alla giustizia». Scortati da poliziotti russi in borghese gli invitati sono stati radunati al terminal F e accompagnati al terminal E, dove probabilmente Snowden alloggia dal suo arrivo. Poi, con un colpo di scena da film, tutti sono stati invitati a varcare una porta con la scritta “Ingresso di servizio”. Dall’altra parte c’era un bus che li ha portati ad almeno cinque chilometri di distanza in una saletta del terminal C destinato ai voli nazionali. Snowden li attendeva insieme all’inseparabile Sarah Harrison, l’avvocato militante di WikiLeaksche lo segue sin dalla sua prima clamorosa fuga da Hong Kong.
La sintesi della sua proposta è questa: visto che lasciare la Russia per qualsiasi destinazione non è tecnicamente sicuro, Mosca dovrebbe concedergli una sorta di asilo temporaneo. Il tempo di avviare una pratica, piuttosto lunga e complessa, all’Onu per l’ottenimento di status internazionale di profugo. E di poter così raggiungere uno di quei paesi dell’America Latina, Nicaragua, Bolivia, Ecuador e Venezuela che si sono detti disposti ad accoglierlo. Facile a dirsi ma la Russia teme pesanti ripercussioni da parte degli Stati Unti. Per questo, con il piglio da ex ufficiale dei servizi segreti Putin continua a chiedere garanzie: «Prenderemo in considerazione la questione solo se si impegnerà a non danneggiare ulteriormente i nostri partner».
E ieri il gioco delle parti delle dichiarazioni sembrava fatto apposta per creare la sensazione di una dolorosa scelta. Il presidente della Commissione per i diritti umani del Cremlino si diceva scettico ma a bilanciare arrivava il presidente della Duma, già vice di Putin, a dire: «Bisogna salvare quel giovane dalla sicura condanna a morte negli Usa». Putin, che non a caso aveva paragonato Snowden al mitico Nobel dissidente sovietico Sakharov, non vede l’ora di potersi autodefinire difensore dei diritti
umani.


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