Lavoro, sul vertice Ue le ombre delle crisi in Portogallo e Grecia

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BERLINO — Europa da un’emergenza all’altra, nel giorno del vertice sulla lotta alla disoccupazione giovanile. Mentre una ventina di leader e tutti i ministri del Lavoro dell’Ue si sono riuniti nella capitale tedesca per delineare le strategie contro quella che il presidente della commissione Josè Luis Barroso ha definito «una situazione inaccettabile», i segnali negativi arrivati da Grecia e Portogallo hanno tracciato uno scenario ulteriormente preoccupante .

A Berlino è stato utilizzato il linguaggio delle grandi occasioni per chiamare tutti all’azione nel tentativo di diminuire l’esercito dei senza lavoro. «Abbiamo l’obbligo di risultati», ha detto il presidente francese François Hollande, annunciando un secondo appuntamento da organizzare rapidamente a Parigi. Secondo il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, negare le prospettive ad un’intera generazione rappresenterebbe «un fallimento sistemico». Parole molto allarmate, come del resto quelle pronunciate dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Ma intanto si guardava anche ad Atene, per il rischio di un rinvio della prossima tranche di aiuti. E a Lisbona, per il pericolo che il piano di riforme venga vanificato dalla crisi politica. In Grecia, i colloqui tra la Troika (Ue, Bce e Fondo monetario) sono arrivati ad un punto molto delicato. Le riforme amministrative e la ristrutturazione del servizio pubblico sono ferme e se non si troverà un accordo la rata del prestito di 8,1 miliardi potrebbe slittare tre mesi. Nuovi incontri sono previsti domani e il dossier verrà esaminato l’8 luglio dall’Eurogruppo. Il primo ministro portoghese Pedro Passos Coelho, ha chiarito a Berlino di non avere intenzione di lasciare nonostante i contraccolpi provocati dalle dimissioni di due ministri. Ma, nonostante le sue assicurazioni, la prosecuzione delle misure di austerità viene ritenuta fortemente in bilico proprio alla vigilia di una nuova verifica della Troika .La borsa di Lisbona ha perso il 5,3 . La riunione di Berlino è stata utile per mettere a fuoco le politiche in grado di promuovere l’occupazione e per valutare le esperienze positive realizzate in alcuni Paesi. Ma non ha prodotto cifre precise al di là delle buone intenzioni. Il ministro del Lavoro tedesco Ursula von der Leyen ha spiegato che è stato discusso come migliorare la formazione professionale, favorire la mobilità, rendere più efficiente l’uso dei fondi europei. Molto importante, in questo quadro, è il ruolo della Banca europea per gli investimenti e il suo apporto per i crediti alle pmi. Al centro della discussione anche le soluzioni più rapide per impiegare gli stanziamenti di 6 miliardi messi a disposizione dal Consiglio europeo di fine giugno. Nel suo intervento, il premier Enrico Letta ha sottolineato la necessità che la Bei sia più focalizzata sui finanziamenti alle piccole e medie imprese, a fronte delle disparità di accesso al credito, e ha illustrato i provvedimenti varati dal Consiglio dei ministri sulla decontribuzione totale per i giovani neoassunti e sulle misure di semplificazione per l’imprenditoria giovanile. Secondo Letta, «occorre rilanciare la competitività attraverso la ripresa di specifiche politiche industriali europee». Il vertice è stato criticato da sindacati e opposizione tedesca, che ha parlato di una «manovra elettoralistica» della cancelliera a due mesi e mezzo dal voto del 22 settembre.

Paolo Lepri


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