Ministri in ritardo sui tagli alla spesa

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ROMA – Difficile capire se conti più la gelosia dei ministeri, sempre riluttanti a farsi dettare i tagli dagli altri, oppure la solita lentezza della burocrazia italiana. Ma il Parlamento è costretto a richiamare ai suoi obblighi il governo per poter essere coinvolto davvero nella nuova fase della spending review , la revisione della spesa pubblica.

L’idea era stata avanzata nei giorni scorsi da Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, tra gli uomini più vicini a Enrico Letta. Dice quella proposta, in sostanza, che ogni commissione parlamentare dovrebbe analizzare i bilanci del proprio ministero di riferimento: la commissione Giustizia dovrebbe studiare i conti del ministero della Giustizia, per fare un esempio. E quindi suggerire i tagli possibili in quel settore, per poi arrivare ad una mozione che alla fine metterebbe insieme i contributi di tutte le commissioni e quindi di tutti i ministeri. Si era trovato anche un appiglio utile alla causa: la Finanziaria del 2007 stabilisce che entro il 15 giugno di ogni anno ciascun ministero deve trasmettere alle Camere una «relazione sullo stato della spesa» e sul «grado di efficienza dell’azione amministrativa svolta», divisa capitolo per capitolo.

Al momento di mettersi all’opera, però, si è scoperto che nonostante quel termine sia scaduto ormai da due settimane per ora solo due ministeri hanno trasmesso al Parlamento quel documento: la Salute e la Difesa, mentre la relazione del ministero dell’Agricoltura è pronta ma non è stata ancora trasmessa. Due su tredici, considerando solo i ministeri con portafoglio e quindi con un loro bilancio autonomo. Non proprio un grande risultato.

Per questo la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha chiesto al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, di «sollecitare i ministri competenti alla presentazione delle citate relazioni, affinché le commissioni parlamentari possano darvi l’opportuno seguito secondo il percorso procedurale indicato». E Franceschini ha girato il sollecito agli altri colleghi di governo. Un ministero che sfora di 15 giorni una scadenza non è certo una sorpresa, almeno in Italia. Ma stavolta la fretta è del tutto giustificata.

Per dare il loro contributo, le commissioni dovrebbero cominciare a lavorare subito sui bilanci dei ministeri. In modo da poter comporre la mozione complessiva al massimo entro i primi di settembre, per poi permettere al governo di pescare dall’elenco dei tagli suggeriti dal Parlamento al momento di mettere mano alla legge di Stabilità. Nelle intenzioni del governo, infatti, la seconda fase della spending review dovrebbe servire anche a trovare le coperture necessarie per i tanti provvedimenti in cantiere, dalla riscrittura dell’Imu al nuovo rinvio per l’aumento dell’Iva.

«Se rispettiamo le leggi esistenti e ognuno fa il proprio lavoro – dice Boccia, l’autore della proposta – la revisione della spesa si può fare bene». Resta da vedere se le complesse procedure parlamentari saranno compatibili con i tempi stretti che il governo vuole dare all’operazione, per la quale sta infatti per procedere alla nomina di un nuovo commissario. «L’esperienza ci dovrebbe insegnare — dice ancora il presidente della commissione Bilancio della Camera — che la spending review non funziona se prima non la concordi con la maggioranza parlamentare, che ha sempre l’ultima parola sui provvedimenti importanti. Se si parte dal basso si evitano scossoni, altrimenti il rischio è lo stallo e il ritorno ai vecchi tagli lineari».

Lorenzo Salvia


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