Perché tutte queste proteste?

Loading

Thomas Friedman, bravo e stimato editorialista del New York Times che si è spesso occupato di politica estera e che ha vinto tre premi Pulitzer, ha cercato di spiegare perché negli ultimi mesi stanno avvenendo moltissime manifestazioni di protesta in vari paesi del mondo, apparentemente per motivi diversi. Secondo Friedman le recenti proteste in Turchia, Egitto, Russia e Brasile – ma ce ne sono state altre in Bulgaria, in Svezia, in Cile in Israele e naturalmente in Grecia – sono state originate soprattutto da tre cause “profonde”, variamente riscontrabili in tutti i paesi coinvolti.

La prima causa, secondo Friedman, è la gestione “prepotente” del potere che hanno assunto i governi – sebbene siano stati eletti più o meno democraticamente – in particolare in Egitto, in Turchia e in Russia. In questi paesi, scrive Friedman, la maggioranza parlamentare ha scambiato la vittoria alle elezioni come “un lasciapassare per fare qualsiasi cosa abbia intenzione di fare, incluso ignorare l’opposizione, limitare la libertà d’informazione e comportarsi in modo prepotente e incline alla corruzione”.

Per trovare un esempio recente, durante i primi giorni delle proteste al parco Gezi a Istanbul era circolata molto una dichiarazione del primo ministro turco Recep Tayyip Erdo?an, che aveva detto ai manifestanti: «Fate pure quello che volete, tanto abbiamo preso la nostra decisione». Erdo?an in seguito ha poi rivisto la sua posizione, dopo molti giorni di disordini in città. In Egitto poi, in seguito alla vittoria elettorale, il partito islamista vicino ai Fratelli Musulmani ha occupato moltissime posizioni di potere nel paese, rifiutando il dialogo con l’opposizione anche riguardo questioni molto importanti, come per esempio la modifica della Costituzione.

Queste valutazioni non si possono certo estendere a paesi come la Svezia o la Bulgaria ma anche da quelle parti un significativo pezzo della popolazione pensa di non poter influire sulle scelte dei governi con metodi “canonici”, e che non gli resti quindi che protestare in piazza. Messa così, il discorso di può allargare anche a molte proteste europee contro l’austerità e anche al movimento statunitense Occupy Wall Street.

Proteste Proteste Proteste Proteste Proteste
Proteste Proteste Proteste Proteste Proteste

Il secondo motivo che elenca Friedman è la precaria condizione della classe media in questi paesi, danneggiata dai tagli alle politiche sociali e dalla sempre maggiore difficoltà di trovare lavoro.

Per tutti questi anni ai lavoratori era stato detto che se avessero lavorato sodo e si fossero comportati onestamente avrebbero potuto far parte della classe media. Questo semplicemente non è più vero. In questi anni di rapidissima globalizzazione e automatizzazione del lavoro chiunque è tenuto a lavorare di più e meglio, cercando di innovare ogni cosa che fa, arrivando anche al punto di reinventarsi; solo dopo aver fatto queste cose, è possibile forse far parte della classe media.

Questa situazione è aggravata dal fatto che molti partiti politici nei paesi coinvolti non si sono interessati davvero ai bisogni della classe media, scrive Friedman, e sono stati indaffarati soprattutto a conservare le loro posizioni di potere. In paesi come la Turchia, il Brasile, la Russia e l’Egitto, l’opposizione è semplicemente inefficace, oppure è impreparata di fronte alla prepotenza del governo.

L’ultimo fattore che cita Friedman è la maggiore diffusione, rispetto agli anni precedenti, dei mezzi di comunicazione e dei social network, che permettono alle persone di “entrare in contatto con altre persone che la pensano allo stesso modo e organizzare manifestazioni”, e contemporaneamente costringono i politici ad “avere un dialogo con loro”. Il risultato di questi fattori, secondo Friedman, è che “le democrazie negli ultimi anni sono diventate quantitativamente di più, ma sono anche molto più effimere. Avere più gente per strada, più spesso, per motivi sempre più disparati e con nuovi modi di comunicare porta la gente a far sentire la propria voce a un volume ancora più alto”.

foto: MAHMUD KHALED/AFP/Getty Images


Related Articles

CORSI E RICORSI

Loading

Ecco qui, anche dietro al governo «tecnico», la vecchia politica italiana dura a morire. Non quella delle «solite facce» sulle quali ci si accapiglia in lungo e in largo sorvolando sui contenuti (Grillo non ha speso una parola sull’ultima sentenza della Corte di Strasburgo, e del resto finora non lo ha fatto neanche Bersani). Ma quella che, su alcune questioni cosiddette «non negoziabili», chiunque risieda a palazzo Chigi continua a essere dettata dalle gerarchie cattoliche, trovando terreno più che fertile. Una scelta tecnica.

L´inglese diventa solo ora lingua nazionale in America

Loading

NULL (da La Repubblica, SABATO, 20 MAGGIO 2006, Pagina 1 – Prima Pagina) Il Senato introduce la norma nel clima

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment