Roma da complice a vittima un pasticciaccio per i Servizi

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ROMA. SPIONI o spiati? Una domenica cominciata con la patente attribuita al governo e ai Servizi del nostro Paese di “volontari” e “consapevoli” carnefici nello scambio di dati che attentano alla privacy dei cittadini italiani, si chiude nel suo opposto. L’Italia, della Nsa, sarebbe in realtà vittima.

UN “bersaglio” insieme ad altri Paesi europei di un’attività di spionaggio elettronico che ha intercettato i nostri metadati telefonici e “ascoltato” le nostre ambasciate di New York e Washington.
Ma andiamo con ordine. Il rumore e il nervosismo sollevato dalle dichiarazioni di Wayne Madsen, luogotenente della marina americana ed ex funzionario della National Security Agency, sullo scambio di dati tra intelligence Usa ed europee (Italia compresa), durano lo spazio di una notte. Il tempo necessario al quotidiano inglese Guardian che le aveva raccolte di ricredersi in gran fretta circa l’attendibilità della fonte (Madsen, a quanto pare, aveva in passato dato prova di una qualche eccentricità, fino ad accreditare l’omosessualità del presidente degli Stati Uniti Barack Obama) e oscurare la pagina web su cui, sabato sera, erano state pubblicate.
Accade così che, nel corso della giornata, sollecitati, sia Palazzo Chigi che il vertice del Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza, ritengano superflua qualunque presa di posizione ufficiale che smentisca le parole dell’ex funzionario dell’intelligence americana e lascino che, ufficiosamente, siano fonti qualificate della nostra intelligence a chiarire il “perimetro”, la “natura” e la “mole” dello scambio di dati che i nostri due Servizi, Aisi e Aise, hanno con Cia, Fbi e, loro tramite, con la Nsa. A tracciare una linea che tenga distinto — ad esempio — ciò che Snowden sta rivelando sul lavoro del Nsa con i “big data” negli Stati Uniti o sulle ambasciate dell’Unione a Washington e New York e il tipo di raccolta informativa che, al contrario, alla stessa intelligence americana è consentito di fare con i Servizi dei Paesi alleati.
Ebbene, una routine operativa che accomuna il nostro Paese a Francia, Inghilterra, Germania, Spagna, Olanda, Danimarca dal post 11 Settembre,
quando, in nome della lotta al terrorismo, i sette Servizi europei alleati decisero di legarsi in una rete che rendesse più efficiente e dettagliata la massa di informazioni raccolte sulle due sponde dell’Oceano in chiave antiterrorismo. Un passaggio siglato attraverso memorandum
di intesa tra le diverse intelligence con il nulla osta delle autorità politiche dei Paesi coinvolti. «E nel rispetto delle leggi nazionali di ciascuno degli Stati che hanno contratto quei patti», osserva una fonte di vertice della nostra intelligence. «Nel caso italiano, dunque — prosegue la fonte — nessuno scambio di “big data”, né, tantomeno, consegna di dati che attengono alla privacy di singoli cittadini o a blocchi sociali o religiosi. Nessuna violazione delle libertà individuali e dei diritti civili in nome della sicurezza preventiva. Più semplicemente, il nostro Paese, di fronte a una possibile
minaccia alla sicurezza nazionale italiana o ai suoi interessi strategici all’estero, come i nostri contingenti militari, ovvero alla sicurezza nazionale dei Paesi alleati, procede a scambi di informazioni».
A voler andare nel concreto, si parla — stando a fonti qualificate dell’Aisi (il nostro Servizio interno) — di un “flusso informativo” che, per gli Stati Uniti, raggiunge «in entrata e in uscita», e dunque da Roma verso Washington e viceversa, «poco meno di un centinaio di report al mese». «E in ogni caso — insiste la fonte Aisi — sempre e comunque su questioni attinenti la minaccia terroristica e criminale agli interessi dei due Paesi. Perché quello è e resta il solo “mercato delle notizie” cui partecipiamo ».
Detto questo, di quanto la questione resti scivolosa se ne ha appunto la prova a sera. Il Guardian, dopo l’infortunio di Madsen, rilancia. Ma questa volta, sostenendo il ruolo di “vittima” dell’Italia, sostenendo che tra le sedi diplomatiche spiate elettronicamente dall’intelligence Usa, ci sono anche le nostre ambasciate a Washington e New York. Di più. Der Spiegel, che cita quale sua fonte proprio Snowden, documenta come la Nsa, attraverso il programma “Boundless informant” abbia analizzato i metadati telefonici relativi al nostro Paese intercettandone il flusso in uscita. In una misura che, tra il 10 e il 19 dicembre 2012, è stata di 4 milioni di dati al giorno.


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