Le proteste in Bulgaria

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Da due settimane a Sofia e nelle altre principali città della Bulgaria decine di migliaia di persone organizzano quotidianamente cortei e manifestazioni contro il governo. Denunciano la corruzione della politica, la diffusione nel paese della criminalità organizzata, la gestione non trasparente dei servizi pubblici e soprattutto l’alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile.

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Le proteste degli ultimi giorni sono per lo più pacifiche: vengono organizzate tramite i social network e si svolgono fuori dal parlamento di Sofia e nelle piazze delle principali città del paese. Sono iniziate dopo che in soli quindici minuti, e senza alcun dibattito, il Parlamento bulgaro ha nominato a capo della sicurezza nazionale Delyan Peevski, trentaduenne proprietario di un grande impero mediatico e commerciale, più volte accusato di corruzione. Il movimento di protesta si è dato il nome di «Dance with me», dall’acronimo ???? (Dans) del Dipartimento di Sicurezza Nazionale.

A seguito delle manifestazioni, il 24 giugno Peevski si è dimesso e il primo ministro socialista Plamen Oresharski, in carica da tre settimane, si è scusato pubblicamente. Nonostante questo le proteste anti-governative non si sono fermate e si sono anzi rafforzate, a causa del malcontento diffuso dovuto a una crisi economica sempre più pesante.

In Bulgaria più del 22 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Le politiche di austerità dei governi, da quando il paese è entrato nell’Unione Europea nel 2007, sono state molto pesanti, anche se hanno portato a buoni risultati per i conti pubblici: il debito pubblico della Bulgaria è intorno al 18 per cento del PIL, uno dei più bassi in Europa. Proprio queste politiche però, sono state sostenute da pesanti tagli alla spesa pubblica e dal congelamento degli stipendi: lo stipendio medio mensile è di 400 euro, la pensione media mensile è di 138 euro. Secondo l’Associazione degli industriali bulgari (BIA) la disoccupazione nella fascia di età tra i 18 e i 29 anni supera il 40 per cento. Il livello di disoccupazione delle persone in età lavorativa, complessivamente, è del 12,3 per cento, il dato peggiore dal 2005.

La situazione politica
Dall’inizio dell’anno nel paese ci sono state numerose rivolte con scontri molto violenti e una serie di suicidi piuttosto eclatanti (alcune persone si sono date fuoco per strada). A febbraio, dopo le più grandi proteste di piazza degli ultimi dieci anni contro le politiche economiche del governo e le accuse di corruzione nei suoi confronti, il premier di centro-destra Boyko Borisov aveva annunciato nel parlamento di Sofia le dimissioni del suo governo. A maggio si erano svolte elezioni anticipate: il partito conservatore di Borisov – Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (GERB) – aveva ottenuto la maggioranza relativa dei voti, seguito dal Partito Socialista Bulgaro. Di fatto, però, nessuno dei due aveva ottenuto i numeri necessari per formare una maggioranza in grado di governare stabilmente.

Il presidente Rossen Plevneliev, cui era stato rimesso il mandato, aveva affidato allora l’incarico a Plamen Oresharski, economista e candidato premier dei socialisti che ha ottenuto a giugno la fiducia per un governo sostenuto dai socialisti, dal partito della minoranza turca, il Movimento Diritti e libertà (DSP), e grazie all’astensione decisiva della formazione ultranazionalista ATAKA, che nella precedente legislatura aveva sostenuto il governo di Borisov. Il governo tecnico di Oresharski sta però operando in continuità con il precedente esecutivo, obbedendo alle richieste delle autorità europee e internazionali con una serie di politiche di austerità e taglio al welfare. I manifestanti ne chiedono pertanto le dimissioni.


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