Stangata Imu sulle case in affitto nei grandi centri aumenti del 140%

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ROMA — L’Imu di giugno ha risparmiato le prime case, ma non le case date in affitto. Anzi, la rata appena versata ha raggiunto aumenti da brivido rispetto a quanto pagato dai proprietari solo un paio di anni fa, ai tempi dell’acconto Ici. Un balzo che ha colpito sia gli appartamenti a contratto libero (i 4 anni più 4) che quelli affittati a canone concordato (3 anni più 2) e che nelle grandi città sfiora, nel primo caso, un aumento medio che supera il 140 per cento rispetto al corrispondente acconto Ici del 2011. Ma anche raffrontando la rata Imu versata lo scorso anno con quella appena saldata, gli incrementi medi si attestano sul 40 per cento. Salti che hanno fatto scendere sul piede di guerra Confedilizia, l’associazione dei proprietari, e che preoccupano anche il Pd che chiede — almeno per le case concesse a canone concordato — una riduzione dell’aliquota al 4 per mille. Quanto le norme attuali applicano alla casa in cui si risiede.
Confedilizia, contesta il temine stesso «seconda casa»: «fa pensare alle villetta al mare delle famiglie abbienti» commenta il suo segretario generale Giorgio Spaziani Testa, «in realtà possedere una casa diversa da quella in cui si abita non è sempre sinonibase
mo di ricchezza». Nella categoria, per esempio, rientra anche la casetta che la famiglia si ritrova sul groppone per motivi ereditari, e che spesso è più fonte di spesa che di reddito. O l’appartamento che il proprietario ha dovuto abbandonare perché trasferito per lavoro — con obbligo di residenza — in un’altra città. Difficile distinguere «ma a volte — assicura Confedilizia — gli affitti servono solo a rimpolpare le scarse entrate del pensionato o a mantenere il figlio che non tova lavoro». Anche su tale tipo di proprietà, negli ultimi due anni, si è abbattuto il ciclone di tasse. Confedilizia,
considerando un appartamento di medie dimensioni — ha confrontato la prima rate Imu di luglio con l’acconto dello scorso anno, facendo notare che mentre un anno fa si applicava l’aliquota del 7,6 per mille, per il 2013 è stata applicata l’aliquota stabilita dai Comuni, e che nel frattempo — vista la crisi di liquidità — molte giunte hanno alzato in balzello. Il confronto è stato realizzato per tutti i capoluoghi di provincia e, per entrambe le tipologie contrattuali. Lo stesso è stato fatto mettendo a confronto l’Imu 2012 con acconto Ici 2011 (e qui il conteggio ha tenuto conto anche dell’aumento del 60 per cento della base imponibile dovuto al moltiplicatore da applicare alla rendita catastale). Per entrambe le tipologie di affitto, il rialzo rispetto a due anni fa è superiore alle tre cifre percentuali. I proprietari parlano di «emergenza sociale» soprattutto nel caso dei beni dati in affitto concordato «dei quali beneficiano le categorie più deboli ». Chiede, «almeno per questa tipologia, un blocco dell’aliquota al 4 per mille»assicurando che l’aggravio per lo Stato sarebbe di «70 milioni in tutto».
Una battaglia condivisa da Antonio Misiani, deputato Pd in Commissione Bilancio, che ha presentato un ordine del giorno, fatto suo dal governo, per modificare «questa vera e propria stangata che disincentiva uno strumento introdotto per aiutare le famiglie che vivono il disagio abitativo».


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