«Questo è un plotone d’esecuzione»

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ROMA — Così abbattuto forse non è stato mai. Confortato dai figli, dalla compagna, da Ghedini, dai pochi che riescono a farsi ricevere in una giornata drammatica, Silvio Berlusconi vive come una «violenza» quasi fisica la sentenza dela Corte d’Appello che si aspettava, temeva, immaginava ma della quale mai avrebbe potuto, neppure negli incubi, intuire quanto pesante fosse.
Lo è talmente, perché è «così evidente che questo non è un processo, questi non sono giudici, questo è un plotone d’esecuzione», che il Cavaliere ieri pomeriggio e ancora a sera era turbato, indeciso, angosciato dal dubbio: andare avanti facendo come se questo fosse solo l’orribile incidente che si sapeva sarebbe accaduto, o approfittare dell’occasione per interrompere subito — come gli consigliano sempre più numerosi i suoi — una catena che «ha come fine la mia eliminazione politica, la soppressione della mia libertà, dei miei diritti politici e di cittadino» e chiamare la sua gente a soccorso, invocando il voto e una nuova legittimazione popolare?
Lo pensa da settimane l’ex premier, ma oggi davvero si è giunti al punto che tutto è possibile, e a regnare nel Pdl è l’assoluta incertezza. Su cosa succederà nelle prossime ore, su cosa il Cavaliere andrà a dire stasera a Enrico Letta sul futuro del governo. Troppo forte il colpo per non pensare, come dice Cicchitto, che «il processo di pacificazione è finito», troppo alta la condanna, si sta convincendo Berlusconi, per non credere che «nella gente verrà sentita come sproporzionata, e questo potrebbe aiutarci in chiave elettorale». Per questo ieri il Cavaliere ha messo a punto una nota assieme a Ghedini e Bonaiuti in cui esprime tutto il suo sdegno, la volontà di «andare avanti» ma non, a differenza di altre volte, l’assicurazione che il governo sarà al riparo dallo tsunami.
«Ero veramente convinto che mi assolvessero perché nei fatti non c’era davvero nessuna possibilità di condannarmi, e invece è stata emessa una sentenza incredibile, di una violenza mai vista né sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica di questo Paese». Questa, dice Berlusconi, «non è soltanto una pagina di malagiustizia, è un’offesa a tutti quegli italiani che hanno creduto in me e hanno avuto fiducia nel mio impegno per il Paese». E infine: «Ancora una volta, intendo resistere a questa persecuzione perché sono assolutamente innocente e non voglio in nessun modo abbandonare la mia battaglia per fare dell’Italia un Paese davvero libero e giusto».
Parole che vengono rafforzate nello sdegno dei due figli maggiori di Berlusconi: «La condanna era scritta fin dall’inizio. Questo processo è stato concepito per essere celebrato sulle pagine dei giornali e nei talk show, per sfregiare l’uomo individuato come il nemico politico da demolire e non per stabilire la verità dei fatti», dice Marina. «Non pretendo che tutti conoscano mio padre dal lato umano come lo conosco io. Ma posso assicurare che questa condanna è assurda: quello di cui l’accusano, e lo dico con tanta rabbia e con le lacrime agli occhi, è quanto di più lontano e contrario dall’uomo che è», aggiunge Pier Silvio. E si capisce che la difesa congiunta e accorata dei figli, su un terreno così delicato, vuole dimostrare in pubblico la loro fiducia nella moralità del padre.
E insomma, ogni esito è possibile perché è Berlusconi ad oscillare. Dentro di sé, assicurano, la volontà è quella di rompere, ora: «Non c’è più niente da fare, non serve. La gente mi capirebbe», il senso dei suoi sfoghi. Ai quali però se ne aggiungono altri: perché rompere oggi potrebbe avere «costi altissimi», perché non è affatto detto che si andrebbe a votare, perché potrebbe nascere un governo Pd-grillini che «peggiorerebbe la situazione», perché il Paese potrebbe «non reggere il colpo…». Non è una decisione facile, e forse non basterà più limitare la strategia ad alzare il tiro sul governo, incalzarlo sulle realizzazioni (dall’Iva, all’Imu, alla disoccupazione) e lanciare la sfida finale sull’Europa, chiedendo decisioni choc come lo sforamento dal patto di stabilità. Decisioni cruciali sono attese ad horas, mentre sale sempre più alto il grido del partito: Ferrara chiama in piazza per oggi a Roma i sostenitori «di Silvio», le colombe avvertono: «Non assisteremo inerti all’eliminazione di Berlusconi».


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