Snowden fugge a Mosca grazie a Putin e Assange “Ha chiesto asilo all’Ecuador”

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MOSCA — Probabilmente Putin sapeva tutto da tempo, di certo la cosa minaccia di rendere ancora più difficili i rapporti tra Mosca e Washington. Edward Snowden, l’uomo più ricercato dall’intelligence americana ha infatti passato la notte in una minuscola stanza d’albergo nella sezione transiti di un aeroporto di Mosca a circa trenta chilometri dalla Piazza Rossa. Il trentenne analista della Nsa che ha svelato al mondo il sistema di sorveglianza di massa autorizzato dalla Casa Bianca, proseguirà la sua fuga oggi alle 14 e 05 (le 12 e 05 in Italia), con un volo per l’Avana. Da lì ripartirà per Quito, capitale dell’Ecuador. Lo stesso Paese che da un anno, nella sua ambasciata di Londra, ospita l’altro grande disvelatore di segreti occidentali, Julian Assange. Ed è proprio la WikiLeaks di Assange a rivendicare tutta l’operazione di ieri. Insieme a Snowden
viaggia, non a caso, la britannica Sarah Harrison, giornalista e avvocato del team legale di WikiLeaks diretto dall’ex giudice spagnolo Baltazar Garzon che ieri salutava l’impresa con dichiarazioni entusiaste: «Sarah ha assistito Snowden durante la sua permanenza ad Hong Kong e adesso lo sta finalmente portando al sicuro in un Paese democratico».
La beffa per gli americani si è materializzata ieri mattina quando Snowden e la Harrison si sono imbarcati con un biglietto di classe economica sul volo Aeroflot Hong Kong-Mosca. L’aereo aveva già decollato da tempo quando le autorità dell’ex colonia britannica hanno inviato una stringata comunicazione al Dipartimento di Giustizia Usa per annunciare che la loro richiesta di estradizione «non rispetta completamente tutti i requisiti legali richiesti dalle leggi di Hong Kong».
E mentre l’Airbus con a bordo Snowden sorvolava l’Asia Centrale, si scatenavano le reazioni furibonde dagli Stati Uniti. Lo stato d’animo generale veniva sintetizzato al meglio dal senatore democratico Charles Schumer che attaccava entrambi i potenziali nemici: «Tutti sanno quanta influenza abbia la Cina su Hong Kong. Sono stati i cinesi a far saltare l’estradizione. Per quanto riguarda Putin, non vedeva l’ora di cacciare un dito nell’occhio a noi americani. È stato certamente informato e ha dato la sua approvazione. Questo creerà grossi problemi nel futuro dei nostri rapporti ».
Rabbia e impotenza cui Mosca reagiva in perfetto stile Putin: prima una brevissima dichiarazione del consigliere-portavoce del Presidente Dmitrj Peskhov («Non siamo al corrente di niente»), poi il silenzio ufficiale. Già una settimana fa il Cremlino si era detto disponibile a valutare una eventuale richiesta d’asilo politico da parte di Snowden. L’idea di fare uno sgarbo agli Stati Uniti, visto lo stato attuale dei rapporti e le tensioni sulla Siria e sul rispetto dei diritti umani, è sempre una grande tentazione per il Cremlino che tra l’altro sa che questo genere di scelte compatta l’opinione pubblica ed esalta lo spirito nazionale. Certo, ospitare Snowden in Russia sarebbe stata una provocazione eccessiva e difficile da gestire. Ma collaborare alla realizzazione del suo piano di fuga, rimanendo formalmente neutrali, è stata un’occasione da non perdere.
Non che Putin condivida le motivazioni di WikiLeaks o che ritenga scandaloso intromettersi nella privacy dei cittadini. Il sistema di controllo russo Sorm è meno sofisticato ma assai più capillare del Prism americano e viene usato a profusione soprattutto a caccia di potenziali dissidenti. Di certo però il Cremlino non ha digerito le rivelazioni di Snowden su come l’allora Presidente Medvedev sia stato controllato e ascoltato durante il G8 di Londra nel 2009. Lasciare fuggire l’uomo che ha svelato i magheggi spionistici americani ha consentito tra l’altro a Putin di stringere una momentanea alleanza con il difficile vicino cinese. Anche Pechino, che certamente ha dato il suo contributo alla fuga di ieri, è infuriata con gli Usa. Proprio prima di fuggire da Hong Kong, Snowden aveva raccontato che la Nsa intercettava in massa gli sms di milioni di cinesi. E Pechino commentava senza peli sulla lingua: «Gli Stati Uniti si fingono vittime ma sono solo i più grandi fuorilegge dei nostri tempi».
Con queste premesse l’arrivo di Snowden all’aeroporto di Sheremetevo è stato pari a quello di una celebrità. Un’auto con le insegne della Repubblica dell’Ecuador è andato a prelevarlo direttamente sulla pista scortata da un paio di vetture dei servizi segreti russi. Snowden è stato accompagnato all’hotel Capsule, una versione solo un po’ meno claustrofobica degli omologhi alberghi a cellette giapponesi, dove ha potuto ricevere l’ambasciatore ecuadoregno e fargli direttamente la richiesta d’asilo prontamente accettata. L’aeroporto è stato discretamente controllato da agenti in borghese. Snowden ha ottenuto telefono, tv e connessione Internet wi-fi. Gli sarà servita per leggere i messaggi di felicitazioni di migliaia di sostenitori compresi gli oltre centomila firmatari di una petizione di grazia alla Casa Bianca per liberare «un eroe nazionale che ci ha svelato la verità».


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