Invito a separare verdetto e processi La strategia anti crisi di Napolitano

Loading

ROMA — Ci avevano provato già in via preventiva, dal Quirinale, facendo filtrare un preoccupato auspicio del presidente. Serviva cioè che tutti mantenessero i nervi saldi, a proposito della sentenza che la Consulta si preparava a esprimere su Berlusconi. E in effetti quella raccomandazione del Colle a «non caricare di aspettative improprie» il verdetto (perché — si obiettava — un giudizio «tecnico» non può «essere confuso con gli esiti processuali, che hanno un proprio e diverso percorso»), sembra aver funzionato. Insomma, i timori che il leader del Pdl potesse reagire alla pronuncia sfavorevole della Consulta facendo balcanizzare ad horas il quadro politico e mettendo a rischio il governo pare scongiurato. Almeno per il momento.
Nessuno si sbilancia in giudizi, sul Colle. Vale il principio per cui «le sentenze non si commentano», ovviamente. Ma stavolta neanche dell’aria che tira a Montecitorio si intende parlare, perché in una fase di alta emotività istituzionale come questa perfino un aggettivo si presterebbe a essere equivocato o strumentalizzato. Così, si può soltanto immaginare che Giorgio Napolitano, di fronte alla «faccia feroce» che hanno immediatamente fatto i parlamentari del Popolo della libertà (con ventilate minacce di dimissioni in massa e di ricorso alla piazza, per coprire le spalle al capo) non si sia turbato più di tanto. Se non altro perché è un uomo per natura abituato a «governare le passioni» e a soppesare con freddezza scena e retroscena della politica. Comprese certe fibrillazioni di maniera.
A contare davvero, ieri sera, era la reazione di Silvio Berlusconi. Che ha, sì, riproposto la sua eterna tesi della persecuzione delle toghe, ma senza esasperarla come ha fatto moltissime altre volte. Soprattutto, pur lamentando come sempre «l’accanimento giudiziario» contro di lui, ha assicurato che «la decisione della Corte non avrà influenza nel sostegno leale al governo». Infatti, ha garantito, autoattribuendosi il sobrio e inedito profilo dello statista, «ho sempre messo al primo posto il bene del Paese».
Ecco il punto politico su cui ruotavano le ansie del capo dello Stato. La sopravvivenza — ma non inconcludente — di un governo «eccezionale» che ha tenuto a battesimo nonostante tutto, «perché non c’erano alternative», e al quale ha non a caso assegnato addirittura un «cronoprogramma» di riforme. Uno scenario fragile, quello delle larghe intese, che per reggersi ha bisogno di «atteggiamenti aperti» e di serenità senza sospetti reciproci. Il leader del Pdl, forse per la mutata (ossia meno aggressiva e dirompente) strategia processuale impostata dall’avvocato Coppi, pare aver scelto la linea di una prudenza non destabilizzante, e questo non può che aver procurato un po’ di provvisorio sollievo, all’inquilino del Quirinale.
Certo, le strettoie giudiziarie del Cavaliere potrebbero riservare ancora qualche soprassalto in grado di impensierire Napolitano. Diversi processi stanno avviandosi a sentenza, mentre entro Natale sarà la Cassazione a dire se la condanna dell’ex premier per l’affaire Mediaset diventerà definitiva, con l’annessa interdizione dai pubblici uffici.
Nessuno può promettere salvacondotti al capo del centrodestra italiano. Tantomeno il Colle. Vale comunque la pena di ricordare che il presidente ha lanciato esortazioni in chiave bipartisan, negli ultimi tempi. Ha ammonito la politica che «le sentenze della Corte costituzionale si rispettano» sempre, anche quando la Consulta «è chiamata ad arbitrare tra poteri dello Stato», com’è successo stavolta. Ma ha anche segnalato ai giudici l’urgenza di perseguire, oltre a «indipendenza e imparzialità», «l’equilibrio» generale delle loro azioni. Perché, ha detto, «occorre che ogni singolo magistrato sia pienamente consapevole della portata degli effetti, talora assai rilevanti, che un suo atto può produrre anche al di là delle parti processuali».


Related Articles

L’era dei tecnici finisce in archivio

Loading

SONO bastate poche parole, e una fase politica si è chiusa. La stagione dei tecnici – per come l’abbiamo conosciuta in questi dieci mesi – è destinata a cambiare, probabilmente a scolorire la sua “tecnicità ”. Per assumere la tinta della politica.

La mossa di Prodi agita i Democratici «Dobbiamo convincerlo a ripensarci»

Loading

ROMA — Per uno strano scherzo del destino la sua lettera al Corriere della Sera ha coinciso col giorno della condanna di Silvio Berlusconi nel processo Ruby. E il fatto che abbia auspicato, seppur senza citarlo, anche l’addio alla politica dello «sconfitto dei due confronti diretti», ovviamente ha aumentato l’antipatia nei suoi confronti dei berlusconiani ortodossi.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment