Dalla Thyssen a Indesit e Termini la lunga estate delle crisi industriali
TORINO — La crisi Indesit e quella della ex Thyssen, il perdurante profondo rosso dell’auto con i dati sulle immatricolazioni e l’occupazione del municipio di Termini Imerese da parte degli ex dipendenti della Fiat: in poche ore la giornata squaderna il dramma dell’industria nazionale che continua a mangiare posti di lavoro e a perdere opportunità di sviluppo.
Migliaia di siderurgici hanno partecipato ieri mattina alla manifestazione indetta a Terni per difendere l’acciaieria abbandonata dai tedeschi della ThyssenKrupp e rilevata un anno fa dai finlandesi della Outokumpu. L’Unione europea ha però bloccato la vendita perché non rispetterebbe le regole dell’antitrust: «A Bruxelles si comportano come se l’Europa fosse un mercato chiuso — ha commentato il segretario della Cgil, Susanna Camusso — e mettono regole che impediscono la crescita delle aziende mentre la concorrenza nel settore dell’acciaio è a livello mondiale ». La sostanza è che ora sono i finlandesi a dover giudicare se le offerte di nuovi pretendenti all’acquisto sono appetibili per il venditore. In mezzo ci sono i 2.800 dipendenti di Terni che rischiano il posto di lavoro «mentre la concorrenza — dicevano ieri i sindacalisti al corteo — si accaparra le nostre commesse». Una situazione assurda: «Non capisco — ha detto Camusso — come il governo dell’Italia, il secondo Paese industriale d’Europa, non batta i pugni sul tavolo a Bruxelles per uscire da una situazione tanto assurda che rischia di divorare lavoro». Un invito a Letta e soprattutto al ministro dello sviluppo Zanonato a non starsene con le mani in mano.
Non meno paradossale è la situazione della Indesit, l’azienda di elettrodomestici acquistata anni fa dalla famiglia Merloni e ora in via di smantellamento. Il piano presentato dal gruppo di Fabriano prevede il taglio di 1.425 posti di lavoro, in sostanza uno ogni tre occupati in Italia. Gli investimenti previsti, settanta milioni, servirebbero soprattutto a delocalizzare la produzione in Turchia e in Polonia. A farne le spese 480 dipendenti a Fabriano, 230 a Comunanza (Ascoli) e 540 a Gricignano (Caserta). A Fabriano Camusso ha incontrato nel pomeriggio i lavoratori della Indesit e le autorità locali. La segretaria della Cgil ha attacco la famiglia Merloni: «Chi fa queste scelte scommette sul fallimento dell’Italia». Duro anche il giudizio su Confindustria: «Dovrebbe dire alle aziende di continuare a investire in Italia. Invece sulla Indesit il silenzio è assordante». Tanto più perché i Merloni sono storicamente una delle famiglie di punta dell’associazione degli industriali, Infine un appello al governo: «Non si può lavorare per il futuro con le fabbriche chiuse. E’ ora di cambiare passo». A Termini Imerese i dipendenti Fiat in cassa integrazione dal 1 gennaio 2012, hanno occupato ieri la sede del Comune per chiedere alla Regione un incontro chiarificatore sul futuro dello stabilimento che produceva la Panda e la Ypsilon. Il rischio è che non si trovi alcuna soluzione entro il 31 dicembre prossimo, quando la cassa integrazione scadrà e arriveranno i licenziamenti. Di tutte le ipotesi e le promesse fatte al momento in cui la Fiat ha deciso di abbandonare la fabbrica, nessuna si è realizzata. Non migliore è la situazione delle migliaia di lavoratori degli altri stabilimenti italiani della Fiat. Molti sono costretti a lunghi periodi di cassa integrazione e i dati diffusi ieri sul mercato europeo confermano che l’Italia è l’epicentro della crisi europea delle quattro ruote. A livello continentale il
mercato perde il 5,9 per cento ma l’Italia perde l’8 per cento e, fa notare il centro Promotor di Bologna, «dal 2007 è il mercato che ha perso di più, circa il 44 per cento». Male la Fiat che scende dell’11 per cento (quasi il doppio del mercato) e malissimo il marchio Alfa che nel confronto tra il maggio 2012 e il maggio 2013 perde il 25 per cento del venduto, ormai sotto la soglia delle 7.000 unità in Europa.
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