ANTIGONE E I CITTADINI CHE “TEMONO E TACCIONO”

Loading

«Paladina e martire della libertà, in contrasto con la tirannia del sovrano». «Simbolo della lotta della tradizione contro l’innovazione». «Portatrice di una concezione degli affetti familiari al fondo fanatica, e dunque destinata a non dialogare mai con l’istanza opposta — e altrettanto intransigente — della ragion di Stato». I tre volti di Antigone, i tre grandi filoni interpretativi dell’eroina dell’omonima tragedia di Sofocle, sono riassunti da Gustavo Zagrebelsky con il consueto rigore intellettuale. Dietro cui, però, si cela un’autentica e antica passione per questo capolavoro, che continua a parlarci, a interrogare il nostro presente. Mostrandoci ad esempio che l’antica Tebe in cui, come si legge nel testo, i cittadini «temono e tacciono», non è tanto diversa dall’Italia attuale, dominata dal «conformismo della paura: una sorta di diffuso congelamento delle idee, pericoloso per la nostra democrazia».
Ed è proprio sul suo amore e i suoi studi sull’opera che Zagrebelsky ha costruito la lectio magistralis in programma domani mattina a Siracusa, nell’ambito della Giornata di studi dal titolo “Antigone — La grazia e l’audacia”. Un’occasione per rileggere, tra passato e presente, la storia della giovane donna che pur di seppellire nella città suo fratello scomparso, e traditore, sfida l’esplicito divieto del re Creonte.
Professore, da cosa nasce la sua passione per questa tragedia?
«In primo luogo per l’aspetto letterario: come diceva Hegel, è “una delle opere d’arte più eccelse e a ogni riguardo più perfette di tutti i tempi”. Poi per una sorta di deformazione professionale: l’Antigone pone in termini particolarmente efficaci il conflitto tra ius e lex, tra norme profonde, ancestrali, e leggi artificiali create dal potere».
Un conflitto che può essere letto in modi differenti?
«Sono tre le interpretazioni possibili. La prima è quella classica, da liceo, che potremmo definire della dicotomia radicale, ripresa in quasi tutte le riletture teatrali: Creonte è un tiranno, Antigone un’eroina che lotta per la libertà. Una tesi non giustificata storicamente, visto che nella Atene del V secolo avanti Cristo la coscienza individuale non era stata ancora scoperta, come accadrà con Socrate. E anche in base alla lettera del testo, Creonte va rivalutato: il suo tragico destino è trascurare gli affetti per il bene della città. Non un tiranno: un uomo di governo».
La seconda lettura è meno manichea?
«È quella della divisione, enunciata da Hegel: entrambi i protagonisti perseguono la loro legittima e irrinunciabile ragion d’essere. Lei, la donna, rappresenta la tradizione; lui, l’uomo, l’innovazione. Un’interpretazione ripresa da Heidegger, che però collega Creonte allo sviluppo della tecnica fine a se stessa: a suo giudizio la tragedia contiene in sé i germi del tramonto della civiltà occidentale».
Terza possibilità?
«È quella del confronto negato. La sostiene ad esempio la filosofa Martha Nussbaum: sia Antigone che Creonte hanno torto, perché nessuno dei due intreccia un dialogo con l’altro. Sono entrambi fanatici. In questo senso, andrebbe rivalutata un’altra figura della tragedia: quella di Ismene, la sorella della protagonista, descritta spesso come pavida e sottomessa. E invece è l’unica a cercare una soluzione di compromesso».
L’approccio di Ismene — morbido, pratico, votato alla mediazione — è simbolo del valore del femminile in politica?
«Sicuramente sì: è uno degli aspetti dell’opera che parla al nostro presente».
Un altro versante attualissimo emerge da un passo in cui Antigone spiega a Creonte che gli altri cittadini la pensano come lei: «Vedono anch’essi, ma è per te che temono e tacciono…».
«Ancora adesso siamo circondati dal conformismo della paura. Mentre Antigone rappresenta il parlar chiaro e l’agire in conformità del proprio parlare. Oggi in tanti mi dicono: ho le mie idee, ma le tengo per me. E invece le idee sono un bene pubblico. Senza idee nuove la politica è pura gestione e tecnica del potere».
Dunque la congiuntura politica attuale non aiuta la circolazione delle idee?
«Anche se affrontiamo temi specifici, come gli esodati o l’emergenza lavoro, dobbiamo capire che dobbiamo pensare a nuovi modi di vivere, nuove relazioni sociali. Purtroppo le larghe intese sono un congelamento: e la politica, congelata, muore».


Related Articles

Il corpo mai sepolto di Pasolini

Loading

Per lui era la misura delle cose,la sua ossessione, la sua dannazione.A quarant’anni esatti dalla morte di P.P.P. la lezione di Fabrizio Gifuni sul poeta che ha scelto di mettere la fisicità al centro della scena

Pratiche dei luoghi comuni

Loading

Gli spazi sociali veneziani hanno organizzato performance e seminari critici verso quelli ufficiali della kermesse sulla laguna

Nel pentolone magico di Gadda

Loading

Un teatro tenebroso pieno di enigmi, silenzi e orrori, ma anche amore per la vita

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment