Un governo che sfida spinte centrifughe e maggioranze variabili

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La consapevolezza di Enrico Letta e dei suoi ministri, tuttavia, è che non basterà il disegno di legge costituzionale per garantire la sopravvivenza del governo fino alla primavera prossima; oppure fino a ottobre del 2014, data indicata dal ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello, per approvare la riforma delle istituzioni. Napolitano, in realtà, come lo stesso Letta, non pongono limiti a questa coalizione anomala.
Ieri il presidente della Repubblica ha diramato una nota puntuta per bollare come «ridicolo falso» quello di chi gli attribuisce la tesi di un governo a termine. Il timore è che qualunque voce in questo senso possa destabilizzare una maggioranza già sotto assedio. Il candore col quale il sindaco di Firenze Matteo Renzi, si candida alla segreteria del Pd ammettendo la possibilità di una caduta del governo Letta, è stupefacente. Suggerisce battutacce al capogruppo del Pdl, Renato Brunetta, sull’«amicizia» fra i due. Ma quell’attrito non va sopravvalutato.
È il sintomo di un malessere diffuso come le manovre di una parte della sinistra per ottenere una scissione del Movimento 5 stelle e trovare una maggioranza di riserva. Sono tatticismi che possono apparire velleitari ma sono alimentati dalla crisi di leadership di Beppe Grillo. Anche perché chi nel Pd vive con fatica crescente l’alleanza col Pdl di Silvio Berlusconi e con il partito di Mario Monti, cerca sponde esterne. La vampata sui «temi etici» da declinare in sintonia con Sel e M5S e contro il centrodestra può preludere a votazioni parlamentari che vedrebbero la nascita di una «maggioranza variabile», diversa da quella governativa.
D’altronde, anche nel ballottaggio di domenica e lunedì a Roma, il candidato del Pd, Ignazio Marino, si rivolge apertamente alla sinistra e ai grillini e si schiera contro l’esecutivo di Enrico Letta; e non a caso riceve il sostegno di Renzi e non solo del primo cittadino di Milano, Giuliano Pisapia del Sel. Il timore è che, una volta aperta la strada in Parlamento a schieramenti diversi sui cosiddetti «valori», la coalizione vada in frantumi: cominciando a spaccare non solo il Pd ma anche il Pdl, che sui temi etici è meno unito di quanto appaia.
L’unica maniera per contrastare la deriva è quella di produrre atti concreti di governo, soprattutto in materia economica e contro la disoccupazione; e ancorare la coalizione a riforme che però non scaldano il cuore. Napolitano avrebbe invitato «a non diffondere pessimismo basandosi sul fallimento delle esperienze precedenti», rivela a sorpresa Stefano Ceccanti, uno dei 35 «saggi», dopo l’udienza al Quirinale. Il premier preferisce sottolineare l’importanza delle riforme per la credibilità europea dell’Italia. Ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, ha annunciato la richiesta al Senato perché si proceda con una procedura d’urgenza. Meglio non perdere tempo e non nutrire le resistenze.


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