Fondi alle paritarie: vince il no Ma Bologna non si scalda

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BOLOGNA — A mezzanotte e passa, l’ora delle streghe, c’è chi vede fate all’orizzonte. «Siamo noi, siamo noi: la vittoria siamo noi…» cantano al quartier generale del cosiddetto «fronte anti paritarie», altrimenti chiamato «opzione A»: i promotori del referendum bolognese per l’abrogazione dei contributi comunali alle scuole d’infanzia paritarie (Articolo 33, Sel, Cinque Stelle). E in effetti hanno vinto. Gli avversari, «opzione B», eterogeneo schieramento in difesa del sistema integrato (Pd, Pdl, Udc, montiani, vescovi, industriali, Cisl e Romano Prodi), sono nettamente distanziati nelle urne.
Sulla carta un risultato schiacciante: il «fronte A» ha preso il 59% dei voti. Gli avversari il 41%. In realtà  tutto da leggere. L’affluenza, prima di tutto: ieri, sotto le Due Torri, ha votato poco meno di un elettore su tre. Nei 199 seggi allestiti nei quartieri si sono presentati 85.934 cittadini (pari al 28,7% degli aventi diritto, in tutto 290 mila). I referendari, ancor prima che iniziassero le operazioni di spoglio, hanno parlato di “una buonissima partecipazione nonostante le ostiche condizioni di voto”, ma è indubbio che questo referendum, che tante polemiche ha scatenato negli ultimi due mesi, non ha affatto scaldato il cuore della città .
Da più parti, alla vigilia del pronunciamento, l’asticella dell’affluenza era stata collocata tra i 70 e gli 80 mila votanti per essere considerata significativa. E’ stata raggiunta, ma a fatica. E ora, tra gli sconfitti, c’è chi legge il disinteresse della stragrande maggioranza dei bolognesi come un implicito sostegno all’attuale sistema integrato: «La realtà  è che ha votato una minoranza – afferma il deputato pd Edoardo Patriarca —: si è trattata di una battaglia ideologica che non interessa la maggior parte dei bolognesi». Parole che non scalfiscono l’euforia dei referendari. «Ora il sindaco Merola dovrà  tenere conto di questo risultato» afferma Luca Basile, coordinatore provinciale di Sel, che non vuole sentire parlare di affluenza scarsa. «I referendum – aggiunge – si vincono o si perdono e qui abbiamo vinto noi». Rincara la dose il consigliere comunale sel, Mirko Pieralisi: «Da oggi tutti dovranno pesare molto bene le parole…».
Che succede ora? Sul piano amministrativo, niente. Il referendum era consultivo e il sindaco Merola, spesso ai ferri corti con i promotori, aveva fatto sapere di non voler mettere in discussione il sistema integrato che funziona a Bologna dal 1994. Le conseguenze possono essere politiche. Nei confronti della giunta comunale, dove la convivenza tra Pd e Sel rischia di farsi complicata. E nei confronti dei vertici romani del Pd, tutti schierati per il mantenimento dello status quo (Epifani e Renzi, in primis). Insomma, sarà  anche un referendum consultivo, ma un segno è destinato a lasciarlo.


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