Guerriglia a Stoccolma, bruciano le periferie

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Per il momento il bilancio è di otto persone arrestate.
Tutto è iniziato dopo l’uccisione di un uomo anziano ammazzato lunedì scorso dalle forze dell’ordine nel suo appartamento dopo aver brandito un coltello contro gli agenti.
L’organizzazione per i diritti degli immigrati, Megafonen, in seguito all’accaduto ha chiesto immediatamente un’indagine indipendente, mentre la polizia rendeva noto che avrebbe avviato solo un’indagine interna. Pochi giorni più tardi, nel distretto dove l’uomo abitava – Husby, quartiere di 12mila abitanti di cui l’85% sono immigrati di prima o seconda generazione – è scoppiato il finimondo. Da lì la rivolta si è estesa ai suburbi confinanti: Kista, Rinkeby, Jakobsberg e poi Norrsborg, nel sud est della capitale svedese.
È la rivolta delle banlieue che vede protagonisti per lo più adolescenti e ragazzi, ma la polizia avrebbe individuato anche qualche adulto. Sono figli di immigrati, li chiamano né né, vivono il male delle periferie disagiate e il razzismo diffuso, sono spesso vittime degli abusi della polizia, sempre più frequenti negli ultimi tempi.
La civilissima Svezia è meno accogliente di come l’avevamo immaginata. Pochi mesi fa il ministro dell’immigrazione Tobias Billstroem, esponente del Partito moderato, gruppo conservatore presente nella coalizione di centro-destra del governo, ha sostenuto la necessità  di una stretta: «La Svezia ha bisogno di rafforzare le leggi per i richiedenti asilo e altri potenziali immigrati, al fine di ridurre il numero di persone che arrivano nel paese», ha dichiarato in un’intervista.
Il primo ministro conservatore svedese, Fredrik Reinfeldt, è intervenuto sulla vicenda: «Gli abitanti di Husby devono riprendere il controllo del loro quartiere. Ci sono gruppi di giovani che pensano di dover cambiare la società  con la violenza. Dobbiamo essere chiari: questo non va bene. Non possiamo essere dominati dalla violenza».


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