Commercio, banche e armamenti ora “Cindia” spaventa l’America

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NEW YORK — A leggere la stampa di Stato cinese, ma anche le analisi preoccupate di alcuni strateghi di Washington, siamo alle grandi manovre di Cindia. La decisione del neo-premier cinese Li Keqiang di dedicare la sua prima visita all’estero all’India, ha fatto sobbalzare gli americani. A maggior ragione li allarma il tono adottato da Li nel primo incontro col suo omologo Manmohan Singh: «I nostri interessi comuni superano di molto i nostri punti di disaccordo». Davvero sta per materializzarsi Cindia, l’unione tra il dragone cinese e l’elefante indiano, cioè le due nazioni più popolose del mondo nonché i due pesi massimi nel club degli emergenti Brics? Dal punto di vista economico, le relazioni tra i due giganti asiatici procedono a gonfie vele. La Cina è diventata il primo partner commerciale dell’India, l’interscambio ha raggiunto i 66 miliardi di dollari l’anno scorso. L’obiettivo fissato dal ministero del Commercio di Pechino, di raggiungere 100 miliardi nel 2015, appare molto realistico e potrebbe perfino essere superato. Non a caso la missione di Stato che Li guida a New Delhi ha un carattere prevalentemente economico: al seguito del premier c’è una folta delegazione di imprenditori e banchieri, inclusi i top manager dei colossi delle telecom Huawei e Zte. Le complementarietà  tra le due economie sono reali. La Cina ha molte lunghezze di vantaggio
come potenza industriale, ma l’India esporta derrate agricole e soprattutto servizi avanzati come software. A confermare che Pechino sta sferrando una “offensiva della seduzione”, c’è lo sgarbo fatto al Pakistan che verrà  visitato da Li solo dopo la tappa indiana. Un affronto per un alleato storico della Repubblica Popolare. Del resto Li è a New Delhi anche per firmare accordi di forniture di armi, essendo l’India divenuta il più grosso acquirente mondiale.
Ma se Cindia è una crasi efficace per descrivere le due maggiori nazioni del pianeta, di qui a trasformarla in un’alleanza geostrategica ci vuole altro. La recente tensione al confine del Ladakh, dopo la breve incursione di truppe dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese, ha ricordato a New Delhi che i rapporti di forze militari sono sproporzionatamente in favore della Cina. Anche dal punto di vista economico, la disparità  è notevole almeno per adesso (nel lungo periodo, il vantaggio di Pechino potrebbe ridursi sia per l’invecchiamento della forza lavoro cinese, sia perché il regime autoritario è meno adatto a gestire le tensioni sociali legate allo sviluppo).
Tra le cause di una tensione latente tra le due nazioni, c’è l’acqua. Più ancora dell’energia — di cui Cina e India sono avidi acquirenti nel mondo intero — l’acqua è la risorsa scarsa che si contendono. I grandi fiumi che irrigano i due paesi nascono tutti dallo stesso “serbatoio” che è l’Himalaya. Con il cambiamento ambientale e lo scioglimento dei ghiacciai, nuove incognite possono minacciare la regolarità  dei corsi di quei fiumi. Per questo le dispute territoriali, tutte in aree vicine all’Himalaya, non sono residui di nazionalismi arcaici bensì nascondono una posta in gioco molto reale. Non a caso uno dei contenziosi tra Pechino e New Delhi è l’ospitalità  offerta dall’India al Dalai Lama e al governo tibetano in esilio: il Tibet è la “cassaforte idrica” della Cina. A irritare il governo Singh di recente c’è stata la decisione di Pechino di costruire una serie di dighe nella parte a monte del fiume Brahmaputra che irriga le regioni nordorientali dell’India.
Nella nuova versione del Grande Gioco — quello che oppose l’impero britannico e la Russia zarista per le zone d’influenza in Asia — oggi gli Stati Uniti considerano l’India un partner strategico, nel contenimento (o accerchiamento…) della Cina. George W. Bush cominciò a levare le sanzioni sulle vendite di tecnologia nucleare all’India. Barack Obama ha compiuto a Delhi e Mumbai uno dei viaggi più significativi del suo primo mandato, celebrando l’intesa tra le due maggiori democrazie mondiali. Obama segue da vicino le “manovre di Cindia” avviate dalla nuova leadership cinese: non appena sarà  partito da Delhi il premier Li Keqiang, la Casa Bianca annuncerà  la data del viaggio di John Kerry in India. Il segretario di Stato ci andrà  sicuramente entro giugno.
Ieri, mentre il duetto tra Li e Singh occupava la scena a Delhi, due notizie dominavano l’attenzione di Washington. La prima: la ripresa di attacchi di hacker cinesi, riconducibili alle forze armate di Pechino. La seconda: l’incontro con Obama del presidente birmano Thein Sein. La Birmania è una “cerniera” tra India e Cina. Negli ultimi anni stava scivolando nell’orbita economico-militare cinese. Il disgelo democratico — ancora parziale — ha fornito a Obama l’occasione per risucchiare Myanmar verso un rapporto con gli Stati Uniti. Il Grande Gioco continua.


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