Tassa unica sugli immobili Includerà anche la Tares, spunta la progressività
Più o meno un quarto del gettito totale dell’Imu. Dove trovare i soldi? Le ipotesi sul tappeto sono diverse e se il dossier è sul tavolo del governo fin dal suo primo giorno di vita e i contatti con Bruxelles sono già intensi, il lavoro vero inizia adesso visto che sono appena cambiati due uomini chiave per i conti pubblici come il ragioniere generale dello Stato e il capo di gabinetto del ministero dell’Economia.
Il primo punto fermo è introdurre il principio della progressività immobiliare. Cosa vuol dire? Oggi l’Imu pesa allo stesso modo dalla seconda casa in su. Con il decreto che il governo si è impegnato ad approvare entro 100 giorni dovrebbe colpire di più i grandi proprietari. E quindi niente tassa sull’abitazione di residenza, a meno che non sia particolarmente lussuosa, ma una tassa più pesante sulle seconde case, ancora più pesante sulle terze, ancora di più sulle quarte, e così via in crescendo. Una tassa è progressiva quando sale in modo più che proporzionale all’aumentare della ricchezza. E se è la nostra Costituzione (articolo 53) a indicare questo criterio per il sistema tributario in generale a gennaio era stata l’Unione Europea a criticare l’Imu proprio perché poco progressiva e quindi poco equa. Su questo punto si procederà , dunque. Ma non basterà a coprire gli «sconti» per famiglie e imprese. I grandi proprietari esistono ma non sono così numerosi. Anche caricando in modo pesante le aliquote dalla seconda casa in poi il gettito aggiuntivo non basterebbe a coprire i 6 miliardi che verrebbero a mancare.
Altra ipotesi è quella di far pesare nella nuova Imu anche il reddito del proprietario. Altra misura pensata per motivi di equità che però difficilmente porterebbe in cassa le risorse che il governo sta cercando. Più che di reddito bisogna parlare di dichiarazione dei redditi. E quindi di evasione. Non bisogna dimenticare che sono appena 400 mila gli italiani che dichiarano più di 100 mila euro lordi l’anno. Un contribuente su 100. Resta poi il problema del catasto e delle sue sperequazioni. Specie nelle grandi città i centri storici sono ancora pieni di case considerate «ultrapopolari», cioè senza bagno, che pagano un’Imu bassissima mentre in periferia ci sono immobili nuovi che pagano molto di più. Recuperare qualcosa dalle finte case ultrapopolari è cosa buona e giusta ma nemmeno questo basterà a far tornare i conti.
Il vero punto è ridisegnare nel suo complesso l’Imu, unificandola alla Tares, la nuova tassa sui rifiuti che per il momento è stata rinviata a dicembre. L’obiettivo del governo è creare un’unica imposta il cui gettito andrebbe interamente ai Comuni. E che dovrebbe coprire non solo gli immobili e i rifiuti ma anche gli altri cosiddetti servizi indivisibili, come l’illuminazione pubblica e la manutenzione delle strade. La tassa di servizio potrebbe essere più cara o più economica rispetto all’Imu di adesso sommata alle altre imposte che dovrebbe assorbire. Il risultato dipenderà dai coefficienti scelti per «pesare» i singoli servizi. Ma tutte le decisioni sarebbero nelle mani dei Comuni, al limite con lo Stato a fissare dei livelli minimi e massimi. Un’imposta più salata potrebbe trasformare in un boomerang l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, un’imposta più bassa lascerebbe aperto quel buco di 6 miliardi sul quale il governo sta lavorando. È per questo che si apre un altro scenario: i soldi necessari potrebbero arrivare non solo dalla progressività , dal catasto e da tutto quello che abbiamo visto finora. Ma anche da nuovi tagli alla spesa pubblica. Con un problema, però. Se la nuova Imu deve nascere entro la fine di agosto, prima della fine di giugno il governo deve trovare i soldi per evitare l’aumento già programmato dell’Iva. E dopo un’altra stagione di tagli, l’austerity è una ricetta che non convince più.
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