La Abenomics e l’incerto boom del Giappone

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Dopo decenni di stagnazione, deflazione e perdita di concorrenzialità , la locomotiva asiatica sembrerebbe tornata in corsa, con un +0,9% relativo alla crescita del Pil tra gennaio e marzo che, su base annua, porterebbe a un numero di tutto rispetto: +3,5%. Considerando che, a dicembre, l’incremento sui dodici mesi si limitava a un «misero» 0,3%, l’improvvisa (ri)partenza della terza economia del pianeta (dopo Usa e Cina) è degna di considerazione. Ricapitolando, la ricetta che ha riportato Shinzo Abe e il suo Partito liberaldemocratico alla guida della nazione si basa su tre principi basilari: allargamento della base monetaria, aumento del deficit pubblico e stimolo agli investimenti attraverso la promozione di grandi opere pubbliche. Insomma, una politica in parte neokeynesiana con in più un corollario che ha fatto storcere il naso a molti esperti. Perché Abe non ha esitato a imporre la volontà  del governo sulla Banca centrale — restia a creare inflazione stampando carta moneta — di fatto alterandone l’indipendenza rispetto all’esecutivo. E poi perché è ancora tutto da dimostrare che un tale «stimolo» possa reggere sul lungo periodo gli incerti dell’economia mondiale, considerando che molti temono una «guerra delle valute» dagli esiti potenzialmente distruttivi. Per ora, la Abenomics ha ricevuto tuttavia il plauso del premio Nobel Joseph Stiglitz oltre al gradimento degli elettori giapponesi. Il resto si vedrà .


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