Ilva, discarica nel mirino In cella politici e manager

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TARANTO — Come sempre il giudice delle indagini preliminari Patrizia Todisco ha scritto un’ordinanza senza sconti di parole. Gli indagati, dice, hanno agito con «spregio dei principi di buon andamento e imparzialità  della pubblica amministrazione» avendo una «inquietante, forte inclinazione comportamentale ad asservire i pubblici poteri al conseguimento di obiettivi di favore economico a beneficio di determinati soggetti (ovviamente, non di soggetti qualunque…)».
Parliamo dell’Ilva, beneficiaria secondo il giudice di quei favori economici. E parliamo degli arresti di ieri: il presidente pd della Provincia di Taranto, Giovanni Florido, l’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva (tutti e due in carcere), l’ex direttore generale della Provincia Vincenzo Specchia (ai domiciliari) e l’ex dirigente dell’Ilva Girolamo Archinà  (uomo delle relazioni pubbliche dello stabilimento, già  in carcere dal 26 novembre 2012). Il reato ipotizzato è la concussione, nel periodo compreso fra il 2006 e il 2011. Abusando dei loro incarichi gli inquisiti avrebbero fatto pressioni per indurre un dirigente del settore Ecologia della Provincia (Luigi Romandini) «ad assumere un atteggiamento di generale favore nei confronti dell’Ilva». Volevano, spiegano le 102 pagine dell’ordinanza, che firmasse autorizzazioni in materia ambientale («anche in assenza delle condizioni di legge») come quella per la discarica di rifiuti speciali pericolosi «Cava Mater Gratiae» all’interno dell’acciaieria. Romandini (che racconta di minacce di licenziamento) alla fine non firmò e fu trasferito in un altro ufficio; oggi dice che un sì sarebbe stato «come dare una patente a un cieco». Per la discarica il via libera arrivò dal suo successore, Ignazio Morrone, che sarebbe stato costretto a cedere dopo «una costante opera di interferenza, di invasiva sollecitazione e persuasione e, infine, di ostilità  per non aver assecondato le indicazioni che provenivano da Florido». E così l’Ilva, scrive il gip, ottenne finalmente lo «smaltimento in loco di rifiuti prodotti dallo stabilimento», cioè «minori costi rispetto a quelli che avrebbe dovuto sopportare smaltendo i rifiuti all’esterno».
Inutile cercare nell’ordinanza tracce di soldi. In cambio dei presunti favori fatti all’acciaieria della famiglia Riva non risulta il pagamento di nessuna mazzetta. Ma è anche vero che i molti «omissis» indicano altre carte da scoprire, forse altri inquisiti, di sicuro nuovi passaggi giudiziari. Approfondimenti ancora in corso si evincono anche dalle recenti informative della Guardia di Finanza. Ce n’è una datata 24 gennaio 2013 scritta per dimostrare la capacità  di Girolamo Archinà  nel «condizionare i processi decisionali» della politica a livello regionale. E in quelle carte per la prima volta i finanzieri attribuiscono al governatore Nichi Vendola una «vicenda concussiva» ai danni del direttore regionale dell’Arpa Puglia, professor Giorgio Assennato, e a favore dell’Ilva. L’episodio (pressioni sul rigore scientifico del professore che non piaceva ai dirigenti dello stabilimento) era già  stato citato in altre ordinanze ma è la prima volta che per quella vicenda si parla apertamente del reato di «concussione» riconducendolo a Vendola (che non risulta indagato). E nelle carte compare anche Bruno Ferrante, presidente del cda Ilva: Cesare Semeraro, capo dell’avvocatura della Provincia, ne fa il nome raccontando un incontro con Florido. «Il presidente Florido — dice Semeraro — mi disse di essere stato contattato da Ferrante che si era lamentato per la richiesta troppo alta di garanzie finanziarie». L’Ilva pagava un milione di euro, la provincia ne chiedeva 300 milioni. Semeraro spiega l’interessamento di Florido: «Mi chiese come si poteva sistemare la questione…».
Giusi Fasano


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