«L’aveva costruita da solo Ho provato a mediare perché restasse lì in affitto»

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«Un dramma cominciato con la messa all’asta dell’immobile per un debito da niente, appena 10 mila euro», ripete incrociando la rabbia di un vecchio militante del Partito comunista, Pippo Digiacomo, sindaco della vicina Comiso subito dopo le lotte condotte qui contro i missili Usa con Pio La Torre, adesso presidente della Commissione Salute all’Assemblea regionale. E lui s’infuria: «Uno sfratto così per la prima casa non s’è mai praticato da queste parti. Nemmeno per le occupazioni abusive delle case popolari. Ci voleva una banca… Ma queste sono popolazioni laboriose, come nel caso della povera famiglia stritolata dal meccanismo bancario. Sono artigiani, lavoratori che si sono sempre mantenuti da soli, fuori dall’assistenza, dalla clientela, dal favore del politico, oggi vittime di uno squilibrio profondo che avviene in una zona virtualmente ricca».
È proprio questo contesto che trasforma in pena profonda l’incarico professionale dell’avvocato Artini: «Guarascio era disperato anche perché la più piccola delle sue due figlie, ragazza brillante e studiosa, aveva intrapreso gli studi universitari ma aveva dovuto interromperli perché non c’erano soldi per i libri e per le tasse. Ecco, conoscendo questi retroscena ho cercato di convincere per ore l’aggiudicatario dell’asta e il suo avvocato per una soluzione bonaria, per un rinvio…».
Racconta di lunghi colloqui per persuadere il suo assistito ad accettare l’ipotesi di restare in casa fino a dicembre pagando un affitto al suo «avversario», appunto, la controparte, il signor Sciagura: «C’ero riuscita. Con l’aiuto dei parenti Guarascio avrebbe potuto provare a corrispondere un canone, ma dall’altra parte ho trovato un muro, un no secco che ha fatto esplodere la reazione con l’epilogo delle fiamme».
Fuoco che l’avvocato ha scansato per miracolo, solo perché per proseguire nella mediazione aveva deciso di coinvolgere la figlia maggiore di Guarascio, raggiungendola al piano superiore, lungo la scala interna al garage. E da quella scala, appena rientrata per tornare dal suo assistito, ha visto l’inferno: «Un attimo prima aveva preso fuoco la benzina della bottiglia caduta a pioggia su quel disperato e sui poliziotti. Dalla cima della scala il garage appariva avvolto da lingue di fuoco, da una nebbia acre, mentre tutti gridavano, compresi i vicini arrivati con i secchi e un bottegaio sopraggiunto con l’estintore, tutti impegnati a soccorrere. Con una pietà  che altri non hanno avuto…».


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