La fame di welfare in Europa

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Meravigliosamente suggestive: non si possono definire altrimenti le frasi pronunciate dal Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso in occasione della consegna del premio Nobel per la Pace all’UE nel 2012. Parole che riecheggiano anche oggi, 9 maggio, Festa dell’Europa.

Il premio “alla carriera” dell’organizzazione di integrazione europea, che per oltre 60 anni ha contribuito alla pace e alla riconciliazione, alla democrazia e ai diritti umani, dentro e fuori il continente, è senz’altro condivisibile. La fiducia nei suoi confronti e il rispetto della dignità  umana da essa garantita appaiono però oggi offuscati, al di là  dei proclami istituzionali. Difficilmente è possibile riscontrare i prodromi di una nuova “primavera europeista”, quale quella che ispirò Robert Schuman nella sua celebre dichiarazione del 9 maggio 1950 a favore di una comunità  del carbone e dell’acciaio che disinnescasse in modo permanente nuovi potenziali conflitti franco-tedeschi. Cinquant’anni dopo, nel pieno di una crisi finanziaria ed economica di cui ancora non si intravede la fine, nessun leader europeo sembra avere elaborato una nuova via di uscita e di rilancio. Si assiste anzi a una drammatica alternativa, perdente in entrambi i casi, tra egoismi nazionalistici e politiche di austerità . Queste ultime, in particolare, non hanno fatto altro che diminuire, per non dire cancellare i sessant’anni di progressi sociali, di “welfare”, di diritti.

È paradossale che proprio quando gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio dell’ONU stanno giungendo alla loro scadenza, incluso il principale, quello del dimezzamento del numero di persone che vivono in condizioni di povertà  estrema e soffrono la fame, in Europa occidentale, uno dei territori più ricchi e sviluppati del mondo, torni ad affacciarsi il problema delle malnutrizione. L’allarme è stato lanciato lo scorso anno in Gran Bretagna: associazioni caritatevoli e istituti scolastici hanno denunciato il numero crescente di bambini disperati alla ricerca di un pasto, o troppo debilitati fisicamente per poter assistere alle lezioni a scuola. Numerose organizzazioni che fornivano servizi di doposcuola o fungevano da punti di ascolto hanno aggiunto anche la somministrazione di un pasto di base all’interno dei loro centri. Se i numeri sono agghiaccianti e in continuo aumento nella cosmopolita Londra, nondimeno in tutto il Paese i sondaggi indicano che in generale una mamma su 5 non è in grado di fornire ai figli un pasto regolare, dovendo optare tra il cibo, l’affitto, il carburante e altre spese di consumo. Kids Company, che assiste circa 17.000 bambini nella sola Londra, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e di raccolta fondi per cercare di garantire un pasto a tutti i bambini malnutriti, arricchendo la sua piattaforma web di immagini e testimonianze raccolte. La realtà  supera di gran lunga la capacità  di immaginare una situazione così difficile in una delle principali capitali europee.

Se non fosse abbastanza, le notizie provenienti da Atene sono ancora peggiori. La triste denuncia di Leonidas Nikas, preside di una scuola greca, ripresa dalle pagine del New York Times, ha fatto il giro del mondo. Il panorama descritto è quello di un Paese senza futuro in cui l’economia è in caduta libera, il tasso di disoccupazione è oltre il 27 %, il più alto registrato in Europa, e 6 persone su 10 sono in cerca di lavoro da più di un anno. In questa situazione non è inconsueto che molti bambini soffrano di malnutrizione o di “insicurezza alimentare”, cioè affrontino la fame o il rischio della stessa: circa il 10% degli studenti delle scuole elementari e medie greche secondo le stime, suffragate peraltro dal rapporto dell’Unicef del 2012 che segnala che oltre il 26% delle famiglie greche più povere con bambini ha una dieta economicamente debole. L’anno scorso l’ong di salute pubblica Prolepsis ha iniziato un programma pilota con cui ha fornito panini, frutta e latte a 34 scuole pubbliche, dove oltre la metà  delle 6.400 famiglie interessate aveva problemi di fame media o grave. Dopo il programma, la percentuale è scesa al 41%; dati i risultati raggiunti, esso è stato esteso per l’anno in corso a 120 scuole e 20mila bambini. Come ha dichiarato il Dott. Athena Linos della Facoltà  di Medicina dell’Università  di Atene e a capo della stessa ong, “quando si tratta di insicurezza alimentare, la Grecia è ora scesa al livello di alcuni Paesi africani”.

Purtroppo però l’UE non se ne sta curando, e di questo dovrà  render conto a quegli stessi cittadini europei nel futuro.

Miriam Rossi


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