La vera prova del fuoco

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In qualche modo, il «no» dei giorni scorsi al trasferimento del processo a suo carico da Milano a Brescia era già  un indizio dell’orientamento dei magistrati. Si tratta di vedere quale sarà  l’impatto della sentenza su un governo nel quale convivono Pd e Pdl; e che dovrebbe incarnare l’inizio di una pacificazione resa necessaria da un risultato elettorale senza vincitori. Siamo in presenza della prima controprova delle capacità  di tenuta dell’esecutivo guidato da Enrico Letta: più delle polemiche sulla sospensione dell’Imu o sulla spartizione delle commissioni parlamentari.
D’altronde, lo scontro fra politica e magistratura segna e distorce da anni i rapporti fra partiti e istituzioni. E l’eventualità  che accada di nuovo non va esclusa. Dal dopo-voto di febbraio, però, Berlusconi ha assunto un atteggiamento che, piaccia o no, è stato più responsabile e apprezzabile. La domanda è se il «nuovo» Cavaliere reggerà  alla condanna, in attesa del giudizio finale della Corte di Cassazione. Il timore è che prevalga la spinta a scaricare su palazzo Chigi il verdetto di ieri. In apparenza sembra di no: viene esclusa qualunque correlazione fra le due cose. La polemica degli esponenti del Pdl contro una magistratura tacciata di persecuzione, lascia indovinare una lettura strumentale delle logiche con le quali è stato formato il governo: quasi l’emergenza dovesse implicare automaticamente una «pacificazione» giudiziaria. I toni usati dal centrodestra, però, fanno pensare a un muro contro muro con i giudici scontato e quasi d’ufficio. Nei giorni scorsi era stata notata in positivo la scelta berlusconiana di affiancare al collegio difensivo guidato da Niccolò Ghedini l’avvocato Franco Coppi: il fuoriclasse del foro romano che aveva fatto assolvere almeno parzialmente il senatore a vita Giulio Andreotti, scomparso lunedì.
Ieri, però, si sono sentite solo le voci dure di sempre. Ma il rischio di una potenziale rissa non proviene solo dal centrodestra. Se tra gli avversari di Berlusconi rispuntasse la tentazione di usare la condanna per tornare a chiedergli un passo indietro, la deriva sarebbe inevitabile. Potrebbe riaffiorare il calcolo miope di sconfiggere il leader del centrodestra nei tribunali e non nelle urne: tanto più in un Pd acefalo e in tensione congressuale. I parlamentari del movimento 5 stelle che plaudono alla sentenza, vogliono mettere in difficoltà  la sinistra di governo. Fanno appello a una filiera politica che conta sulla condanna per destabilizzare la coalizione. Si tratta di un crocevia insidioso ma forse superabile: se non altro perché il verdetto finale della Suprema Corte di Cassazione su Berlusconi arriverà  solo fra un anno.


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