Ma la cancelliera punta a un’alleanza per far avanzare l’«Unione federale»

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Bisogna farli, proseguendo così nel consolidamento fiscale, altrimenti non si può rilanciare la crescita. Ma, venendo parzialmente incontro all’appello del nuovo capo del governo italiano, convinto che non si debba «morire di austerità », Angela Merkel ha ribadito che i due aspetti del problema, rigore e crescita, sono complementari: si devono integrare a vicenda, creando le basi per rilanciare competitività  e occupazione. Bisogna rimboccarsi le maniche «perché l’Europa deve uscire più forte dalla crisi».
Il nodo da sciogliere, quindi, è sempre lo stesso. Ma siamo già  forse oggi più lontani dalle diffidenze con cui era stata inizialmente accolta, nelle stanze tedesche che contano, la nascita del governo Letta. Sì, certo, appena ricevuto l’incarico, il vice segretario del Partito democratico aveva definito necessario cambiare le politiche europee improntate all’austerità . Ma la risposta del ministro della Finanze Wolfgang Schà¤uble era sembrata insolitamente dura, giunta prima ancora che venisse presentato il programma del nuovo esecutivo. L’Italia non è un esempio di come realizzare una crescita stabile e deve pensare a risolvere i suoi problemi senza scaricare le colpe sulla Germania, era stato il succo del suo ragionamento. «Un intervento un po’ irrituale», ammette chi cura a Berlino il dossier dei rapporti tra i due Paesi.
È stato un altolà  preventivo, forse, per scongiurare il pericolo del formarsi di un fronte anti-rigore, proprio mentre maturavano — e non è un caso — altre e maggiormente rumorose insofferenze francesi. Poi sono arrivate valutazioni più modulate: il riconoscimento che un cambio della guardia tra tecnici e politici poteva essere utile, l’apprezzamento (pur mitigato da una persistente incertezza sul futuro di questa inedita maggioranza) per la avvenuta riconciliazione positiva tra partiti avversari. Insomma, uno «scettico ottimismo», come ha sintetizzato Der Spiegel. Va detto però che alcuni settori dello schieramento conservatore tedesco (e molti esponenti della Cdu) continuano a ritenere che l’unica priorità  per l’Italia sia quella di tenere i conti in ordine. Senza farsi tentare da altre illusioni.
Il compito di Letta è quello di convincere tutti, come ha iniziato a fare ieri, che l’Italia non sta dalla parte di «un’Europa che consenta di fare debiti a chi li vuole fare». Ma, al di là  dell’ormai quasi rituale confronto-scontro tra sostenitore del rigore e paladini della crescita, l’orizzonte europeo all’interno del quale si muove il presidente del Consiglio ha colori simili a quello di Angela Merkel. E su questa base può veramente iniziare un discorso comune. La definizione di «germano-scettico», comparsa sui giornali tedeschi, è stata sicuramente frettolosa. A Berlino si rileva per esempio che lo spirito federalista del presidente del Consiglio si inserisce nello stesso solco di una parte consistente del Partito popolare europeo. Quando sottolinea, come ha fatto ieri in Senato, che l’Europa non può essere unita solo dalla moneta, quando rivendica con forza la necessità  di completare l’unione politica e quella fiscale, il neo-premier italiano tocca temi molto cari alla stessa cancelliera. Entrambi parlano di «più Europa». Possono comprendersi, anche in questi tempi difficili.
Paolo Lepri


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