Pd, i ribelli fanno marcia indietro

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ROMA — C’è un Pd prima della lista presentata da Enrico Letta e un Pd post-governo. Nel primo «ballano» una cinquantina di potenziali delusi, disposti quasi a tutto: votare contro, astenersi, uscire dall’aula. Nel secondo, che va in onda dopo le cinque del pomeriggio, molte delle tensioni sembrano rientrare.
Con Letta c’è tutto il gruppo dirigente del partito, a cominciare da Matteo Renzi: «Questo governo — dice a Che tempo che fa — manda in pensione una generazione di big o di presunti tali. Fragile? Certo, se Berlusconi lo vuole far fallire». Per il sindaco di Firenze, «il giudizio è molto buono, la lista è migliore delle aspettative: potevamo avere Berlusconi all’Economia…». Ora, aggiunge Renzi, «aspettiamo i risultati». Il «rottamatore» attacca Bersani: «C’è chi ha preferito vincere le primarie piuttosto che le elezioni, facendo una campagna elettorale per “smacchiare il giaguaro”». Poi scherza: «Io reggente del partito? E perché no autoreggente?». Fare il segretario? «Se questo è il Pd non sono adatto. Mi ci vedete a gestire spifferi e correnti?». Ai dissidenti, il sindaco lancia un messaggio: «Quando vedo che c’è chi dice di non votare la fiducia, allora dico ma guardate prima com’è. Insomma, datevi una calmata».
Invito raccolto da Laura Puppato che ora parla di «un sospiro di sollievo». La senatrice sta lavorando «ad un documento di attesa, speranza ed esortazione». Per ora, la Puppato è «contenta per l’indicazione di Josefa Idem che stimo molto», ma anche «di Cancellieri, Bonino come figure di garanzia e di Graziano Del Rio». I ministri pidiellini? «Già  che non ci siano gli ex del governo Berlusconi… Fa sorridere la De Girolamo all’Agricoltura: proprio lei che disse che i veneti sono tutti contadini». Con Letta, nelle ultime ore, la Puppato ha avuto un intenso scambio di sms: «Gli ho scritto di accelerare su un esecutivo di cambiamento. E che di Turismo si parla troppo poco». Sì alla fiducia, quindi? «Penso di sì. Abbiamo contribuito a che si ottenesse questo risultato». Il clima, tra i Democratici, sembra molto più sereno. Il segretario, Pier Luigi Bersani, dice che «il governo Letta merita il sostegno di tutto il partito». Lunedì mattina, prima del voto in aula, riunione decisiva dei parlamentari. Sottotraccia, qualche malumore resta: «Ma i rivoluzionari, evidentemente, erano in qualche agriturismo in Toscana…», dicono i bersaniani. Del Rio invita all’unità : «Le perplessità  siano superate dal senso di responsabilità ». Pippo Civati tiene il punto: «Le preoccupazioni rimangono: se il dibattito è finito, non ci sto. Non ho nulla da perdere», dice. Ma ammette che «il primo dato positivo è che non ci siano nomi indigeribili». Uno spiraglio? Chissà . Ma anche gli altri pd dati in sofferenza meditano il da farsi: l’ex vicesindaco di Roma Walter Tocci, Corradino Mineo, Gianni Cuperlo, i «prodiani» Sandra Zampa e Franco Monaco (anche se Sandro Gozi parla di «governo di rinnovamento e discontinuità »), alcuni «popolari» vicini a Rosy Bindi. Stessa cosa per l’area che fa riferimento ad Ignazio Marino. Il chirurgo, forse, non parteciperà  al voto sulla fiducia. Ufficialmente perché il senatore è «dimissionario» e «concentrato sulla corsa a sindaco di Roma», in realtà  per non creare ulteriori turbative: per la sfida del Campidoglio, infatti, Marino è sostenuto anche da Sel che non appoggerà  l’esecutivo Letta. Irritazione negli altri parlamentari romani: «Il partito non ha premiato nessuno di noi, nonostante i successi sul territorio». Dovrebbero votare la fiducia, alla fine. Ma turandosi un po’ il naso.
Ernesto Menicucci


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