Equitalia frena sui pignoramenti stop ai prelievi dal conto corrente
ROMA — Pignorare il conto corrente su cui si accredita lo stipendio o la pensione non sarà più possibile. Soltanto però se la busta paga o l’assegno non supera i 5 mila euro netti al mese. Equitalia tampona così, con una “nota interna” diffusa ieri, una falla normativa che negli ultimi mesi aveva provocato un effetto paradossale. L’ente poteva riscuotere il suo credito attingendo nei conti bancari o postali dei contribuenti morosi con lo Stato, anche prosciugandoli se necessario, senza distinguere tra risparmi ed entrate mensili, talora indispensabili per la sopravvivenza. Laddove però per stipendi e pensioni la legge prevede limiti rigorosi di prelievo, al massimo un quinto, che così venivano di fatto aggirati. Un vero e proprio pasticcio. Equitalia non lo farà più, «con decorrenza immediata ». Ma si rivolgerà a datori di lavoro e Inps. E solo per i redditi alti, correrà in banca o alla posta.
I casi finora denunciati da contribuenti beffati sono in realtà appena un paio, tra l’altro già risolti. Fino ad oggi, in effetti, il cittadino poteva “fermare” Equitalia dimostrando che sul conto veniva accreditato solo lo stipendio (o la pensione), necessari per vivere. E a quel punto la quota pignorabile scendeva. Una procedura lenta, però, che di sicuro non favoriva i meno abili a districarsi nelle faccende di fisco e cartelle. Per questo, Equitalia è intervenuta, «facendosi carico di un vuoto normativo ». Per «evitare futuri casi» e per «tutelare le fasce più deboli che soffrono la crisi e hanno stipendi e pensioni basse». Nella consapevolezza, come ha ripetuto anche il presidente Attilio Befera qualche giorno fa, che «il problema esiste e serve una regola». Regola che solo governo e Parlamento possono mettere a punto.
Il «corto circuito normativo», come lo chiamano a Equitalia, si è creato con il Salva-Italia del dicembre 2011. La prima legge del governo Monti ha reso obbligatorio l’accreditamento su conto corrente di stipendi e pensioni superiori ai mille euro. Da allora quindi, anche le fasce basse di reddito, in caso di debiti verso lo Stato non pagati e poi pretesi da Equitalia, rischiano lo svuotamento del conto. La legge difatti non dice a Equitalia in quale ordine di priorità procedere nel caso di pignoramento (tra immobili, mobili e crediti). E certo, sebbene lo faccia solo per debiti ingenti, la preferenza va ai denari liquidi depositati in banca o alle poste.
Da ieri, un ordine c’è. Equitalia si rivolgerà «in prima battuta» al datore di lavoro o all’ente pensionistico e procederà al pignoramento “per gradi”, come stabilito dal Semplifica-Italia, la legge di un anno fa: un decimo trattenuto su redditi sotto i 2.500 euro (netti) mensili, un settimo tra 2.500 e 5.000 euro, un quinto sopra i 5mila (prima di questa legge era un quinto per tutti, senza soglie). Nel caso in cui il contribuente in rosso col Fisco sia nella fascia sopra i 5mila, Equitalia può scegliere: la trattenuta mensile di un quinto o andare sul conto corrente ed estinguere il debito. Ma solo dopo aver verificato che quel cittadino ha redditi alti e non di default come avviene adesso, senza distinzioni tra chi vive solo di stipendio o pensione, appena sufficienti a tirare avanti, e chi invece gode di un discreto gruzzolo con cui ripagare, com’è giusto che sia, il debito con lo Stato.
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