Un superministero dell’Economia in Vaticano il piano del Papa per fermare gli scandali
CITTà€ DEL VATICANO — Prima le parole del cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, che guiderà il consiglio dei saggi chiamato a supportare il nuovo governo di Papa Francesco: «Anche lo Ior potrà essere riformato». Poi, poche ore fa, quelle del cardinale Francisco Javier Errà¡zuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile, che dice: «Quaranta vescovi europei che lavorano per il Santo Padre e per il governo della Chiesa sono troppi». Due dichiarazioni pesanti che dicono che in futuro poco, molto poco, resterà così come è ora oltre il Tevere. «Non rimarrà pietra su pietra», dicono alcuni in Vaticano. In particolare per quanto riguarda le finanze, il terreno dove da sempre germogliano i maggiori scandali, non ultimo un memoriale dell’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi che dice di temere per la sua vita. Si tratta di un «documento che era stato espressamente tenuto riservato in quanto era stato redatto in un momento di grande tensione e di preoccupazione per quanto stava accadendo in ragione degli attacchi e delle polemiche», chiarisce lo stesso Gotti Tedeschi. Eppure il testo mostra tensioni pesanti, l’azione del presidente della banca vaticana ostacolata dai curiali che a un certo punto non si fidano più di lui, del suo operato, forse anche della sua volontà di denunciare i troppi conti cifrati presenti nell’Istituto, e insieme la «minaccia» di collaborare con l’Autorità d’informazione finanziaria istituita da Ratzinger paradossalmente proprio per vigilare sulle sacre finanze.
Come riformerà la curia romana il Papa? Cosa ne sarà dei suoi dicasteri finanziari? Padre Federico Lombardi smentisce a Repubblica le notizie circa la volontà del Papa di creare un superministero dell’economia. «Al momento non c’è assolutamente nulla», dice. Eppure le dichiarazioni dei due porporati Maradiaga e Errà¡zuriz Ossa, entrambi inseriti nel nuovo consiglio di saggi voluto dal Papa, dicono che per fine anno qualcosa accadrà , con la probabile attribuzione delle responsabilità sui dicasteri finanziari a un unico centro decisionale.
Al centro dei pensieri dei riformatori c’è ovviamente lo Ior. Tanto che è prevedibile che la riforma partirà da qui, dallo Ior, dai suoi bilanci fino a oggi non controllati a dovere, magari arrivando ad accorpare le competenze finanziarie del Vaticano oggi divise fra ben cinque uffici. A dicembre, fra l’altro, gli ispettori di Moneyval, il Comitato del Consiglio d’Europa che valuta le misure nazionali per il contrasto del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo, presenteranno il prossimo “Progress Report” della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano incentrato non solo sulle “Core Recommendations”, ma anche su tutti gli ambiti coperti dalle “Key Recommendations”. Per l’occasione il Vaticano potrebbe assecondare una delle richieste più pressanti portate avanti da Moneyval nei suoi confronti: accordare più poteri all’Aif e meno alla Commissione di cardinali che vigilia sullo Ior, quella stessa Commissione che di fatto insieme alla segreteria di Stato vaticana ha scaricato Ettore Gotti Tedeschi attraverso un comunicato redatto insieme ai membri del board dell’Istituo stesso. La lotta è stata ed è fra potere politico detenuto dalla segreteria di Stato e potere di controllo attribuito da Ratzinger all’Aif. Questo è anche il vulnus denunciato da Moneyval, senza risolvere il quale la Santa Sede non potrà essere inclusa nella white list dei Paesi finanziariamente virtuosi in quanto «controllato e controllore si identificano».
Papa Francesco sa bene che i vari dicasteri vaticani dotati di autonomia finanziaria — oltre allo Ior, la prima sezione della segreteria di Stato, l’Apsa, Propaganda Fide e il Governatorato — hanno competenze poco chiare e non godono di un unico bilancio. Per questo potrebbe anche decidere di snellire gli stessi dicasteri all’interno di un tentativo per altro già messo in campo da Benedetto XVI quando unì, per poi poco dopo tornare a scorporarli, il dicasteri della Cultura con quello del Dialogo interreligioso e il dicastero dei Migranti con quello di Giustizia e Pace. L’idea di Ratzinger era di asciugare la curia. Qualcosa però nel suo progetto non ha funzionato. Oggi Papa Francesco, decidendo di abitare a Santa Marta, ha in qualche modo fatto capire che vuole superare gli antichi schemi e aprire anche a Roma una strada nuova. Il suo continuo richiamo alla Chiesa perché esca da se stessa fino ad abbracciare tutte le periferie del mondo, dice della volontà di riformare nel profondo una struttura dove anche carrierismo e privilegi hanno prosperato. Pulizia e trasparenza gli hanno chiesto i cardinali eleggendolo. E non sarà certo Francesco a deluderli. Fra l’altro i costi esorbitanti dei troppi dicasteri entrano in tutti i colloqui che il Papa prosegue discretamente a Santa Marta. Per questo sta per scoccare l’ora della policy antisprechi.
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