Da gennaio già 31 mila imprese in meno
ROMA — Non poteva andare peggio per le imprese nel primo trimestre dell’anno: il saldo tra quelle che hanno aperto e quelle che hanno chiuso è il più negativo degli ultimi dieci anni: – 31.351 unità (-0,51%). A conferma della china negativa di questo inizio anno, c’è anche il dato di fatturato e ordinativi del comparto industriale: a febbraio sono scesi rispettivamente del 4,7% e del 7,9% su base annuale. Sempre secondo i dati rilevati dall’Istat, su base congiunturale invece il calo è stato rispettivamente dell’1% e del 2,5%.
Tornando alla «natimortalità » delle imprese, misurata da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione trimestrale sulla natalità e mortalità delle imprese condotta da InfoCamere, a soffrire di più sono i settori delle costruzioni e del commercio, oltre a quello dell’agricoltura.
«Era andata meglio persino nel primo trimestre dell’annus horribilis della crisi, il 2009, quando il bilancio tra aperture e chiusure di imprese era stato negativo per poco più di 30 mila unità » spiegano da Unioncamere. A determinare il record negativo sono stati un’ulteriore diminuzione delle iscrizioni rispetto allo stesso periodo del 2012 (118.618 contro 120.278) e un ancor più rilevante balzo in avanti delle chiusure (149.696 contro 146.368).
Oltre due terzi delle imprese che hanno dovuto chiudere i battenti sono artigiane: 21.185. Rispetto al primo trimestre del 2012, il saldo dei primi tre mesi del 2013 segnala dunque un peggioramento di quasi il 40%. In termini percentuali, la riduzione della base imprenditoriale artigiana è stata pari all’1,47% con una forte accelerazione rispetto al già negativo risultato del 2012 (-1,04%).
«Lo stallo politico determinatosi a seguito dei risultati elettorali pesa. Mi auguro che subito dopo il passaggio dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, il Parlamento sia messo immediatamente in condizione di operare per approvare provvedimenti a sostegno dell’economia reale» commenta il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello.
Tra questi provvedimenti figura senz’altro il decreto sui pagamenti della pubblica amministrazione che si è arenato nel suo passaggio in Parlamento. Come è noto il termine per presentare gli emendamenti è slittato a martedì prossimo, a causa dell’elezione del Capo dello Stato. Nel frattempo si stanno mettendo a punto le modifiche, soprattutto sul piano dello snellimento del provvedimento, troppo complesso e farraginoso secondo il mondo delle imprese. Gli emendamenti saranno però anche l’opportunità per ritornare su uno dei punti più contestati: l’impossibilità per le imprese in ritardo con il versamento dei contributi, di essere rimborsate. L’idea potrebbe essere quella di una remissione dei termini per i mancati versamenti, senza nessuna concessione però su quelli futuri.
Ieri Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione Europea, è tornato a dire che dei 90 miliardi di debiti si può pagare il 20% in due anni (quello che grava sul deficit, ndr), e «il restante 80% si può cominciare a pagare subito, senza alcuna remora o problema».
Antonella Baccaro
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