«Tobin Tax, l’Italia pronta alla battaglia in Europa»
Ieri, il «no» è stato affidato alla nostra voce diplomatica più autorevole nell’ambito delle istituzioni Ue: «Le transazioni sui titoli di Stato devono essere escluse dalla base imponibile» cui dovrebbe applicarsi la Tobin tax, ha detto l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, rappresentante permanente dell’Italia presso la Ue. E quella, ha aggiunto, è una «linea rossa», una «questione non negoziabile: per noi c’è una sensibilità tale che sarebbe inammissibile. Su questo punto siamo pronti anche allo scontro, a un confronto anche molto duro». Traduzione molto disinvolta dal linguaggio diplomatico: se a una futura riunione di vertice i Paesi già favorevoli alla «stangata sui Bot» dovessero insistere con la loro linea, che gli altri giudicano un errore di forte rilievo sociale oltre che economico, l’Italia potrebbe prendere teoricamente in considerazione anche l’ipotesi di un veto.
Finora, sono una dozzina — il confine non è ben marcato, varia a seconda delle occasioni — le nazioni impegnate a discutere seriamente su come, quanto e quando applicare la Tobin-tax. E dunque sostanzialmente favorevoli ad essa. Procedono con la regola della «cooperazione rafforzata» per aggirare un vecchio ostacolo: c’è infatti, o ci sarebbe, l’obbligo dell’unanimità , nel campo della normativa fiscale europea. Ma con slalom giuridici come questo, ogni trattativa può proseguire.
Intanto, Tobin tax o no, l’Europa continua a scrutare ansiosamente il suo orizzonte. E ciò che scorge non è sempre un incubo. «I depositi bancari sono e resteranno garantiti — ha assicurato ieri il commissario Ue agli affari economici, Olli Rehn — e i nostri Paesi hanno già iniziato a rallentare le misure di austerità ». Cioè a iniziare — forse — il consolidamento finanziario.
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