La moglie perfetta secondo Darwin

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«S e dobbiamo parlare di filosofia, il luogo migliore in cui farlo è un bar», dice uno dei personaggi di L’amore è un difetto meraviglioso, con cui Graeme Simsion, sceneggiatore australiano, esordisce nella narrativa con la Longanesi. Il che ben si addice al protagonista del romanzo, Don Tillman, genetista che per ragioni di cuore darà  prova di sé persino nell’arte di preparare cocktail. Comunque, pensa che ogni aspetto della biologia acquisti la sua giusta luce solo con la teoria darwiniana dell’evoluzione, e ritiene che «attacchi virulenti» di qualsiasi Chiesa contro la ricerca si rivelino infine inefficaci come lo sono stati quelli dell’Inquisizione contro Galileo, come già  osservava Darwin in una lettera del 1878.
I cosiddetti creazionisti non gli paiono nemmeno capaci di quell’atteggiamento critico che consiste nel riconoscere quando le proprie idee vengono «sconfessate». Sospeso così tra Charles Darwin e Karl Popper, Don Tillman procede per congetture e confutazioni persino nella scelta della propria compagna di vita! Prepara un questionario a cui dovranno rispondere le eventuali candidate, uno strumento «comprendente gli ultimi sviluppi della scienza del test», per individuare e quindi severamente eliminare «le inconcludenti, le disorganizzate, quelle che credono ai tarocchi o all’oroscopo, quelle ossessionate dalla moda, le fanatiche religiose, le vegane, le fumatrici» eccetera; né risparmia «quelle che di scienza non sanno nulla».
Tillman non lo sa (e nemmeno l’autore lo nota), ma sta ripercorrendo le orme di uno dei più grandi scienziati dell’età  moderna, Giovanni Keplero. Rimasto vedovo dopo un primo matrimonio combinato dagli amici, l’astronomo aveva deciso di risposarsi, ma… In una lettera datata Linz, 23 ottobre 1616, racconta «da filosofo» a un gentiluomo rimasto senza nome le traversie in cui era incappato, lui, giunto all’età  «in cui le passioni si spengono e il corpo si dissecca e si ammollisce». La prima candidata era troppo anziana «e non aveva niente che mi piacesse»; la seconda, figlia della precedente, pareva metterlo in una condizione poco conveniente; la terza aveva concesso la promessa di matrimonio a troppi maschietti; la quarta poteva essere adatta, «nonostante la sua atletica corporatura»; la quinta era la bella, giovane e modesta Susanna Reutinger, ma «Dio permise che avesse nuove rivali» nel soddisfare il «difficile cuore dello scienziato». Però, troppo orgogliosa la sesta, troppo nobile la settima, troppo indecisa l’ottava, troppo sospettosa la nona, di famiglia agiata e parsimoniosa la decima, «ma di taglia brutta persino per un uomo dai gusti semplici»; l’undicesima opulenta, ma troppo giovane.
Mentre il circondario mormora, il nostro alla fine si risolve per la numero 5: quella che i suoi consiglieri considerano la meno adeguata, ma che lui ritiene l’unica in grado di donargli una felicità  che ha finora trovato solo nella contemplazione degli astri. «Posso trovare anche in me Dio, che tocco con il dito quando contemplo l’Universo».
Con tutte le differenze del caso, lo stesso capita a Don Tillman, che scarta una candidata dopo l’altra, senza rendersi conto che quella giusta l’ha già  trovata nella persona dell’irruente anticonformista Rosie, una rossa di origine irlandese che gli sconvolge abitudini alimentari e accademiche, facendo insieme la dottoranda e appunto la barista. In un suo capolavoro dedicato ai tortuosi sentieri della scoperta scientifica, I sonnambuli, (1959, in traduzione italiana Jaca Book 1981 e successive ristampe), un grande narratore come Arthur Koestler osservava che «il sistema attuato da Keplero nello scegliere una buona sposa ricordava in modo curioso il metodo delle sue scoperte scientifiche». Nel determinare la forma geometrica dell’orbita di Marte, aveva messo alla prova una curva dopo l’altra, imbattendosi quasi per caso nell’ellisse, che inizialmente aveva scartato, salvo tornare alla fine sui propri passi. Tillman, a sua volta, constata che, si tratti di donne o di problemi scientifici, la risposta è talvolta così sotto gli occhi da non essere notata, finché l’imprevisto non scioglie la situazione come un improvviso risveglio.
Carl Gustav Jung, coadiuvato dal fisico Wolfgang Pauli, ha sottoposto a un’analisi del profondo perfino Keplero, lo scopritore della forma delle orbite dei pianeti. Don Tillman si appassiona alle cause sconosciute dell’autismo. Ma i lettori scopriranno che, come l’Edipo di Sofocle, il nostro accademico sta studiando il male che divora lui stesso. Le sue difficoltà  di comunicazione, la scarsa capacità  di integrazione sociale, l’ossessione minuta per i particolari, l’attenzione maniacale al cibo, e soprattutto la sua apparente mancanza di empatia mostrano che egli soffre con tutta probabilità  della sindrome di Asperger, in cui — a differenza di altre forme di autismo — la mente resta «ad alto funzionamento». Nell’indicare l’interprete cinematografico ideale, Simsion ha dichiarato che «sarebbe stato un Don Tillman perfetto» proprio un saltimbanco di Bristol, il signor Archibald Alexander Leach, diventato famoso come Cary Grant; ma dovrebbe pensare anche a un altro nativo della città  inglese, quel Paul Dirac che ha cambiato il volto della fisica del Novecento. Questi — come racconta il suo biografo Graham Farmelo — fu veramente L’uomo più strano del mondo (libro edito dalla Raffaello Cortina): «sospettato» anche lui di autismo, ma scienziato più che geniale, si rivelò, una volta trovata la debita presenza femminile, amatore appassionato.
Non svelerò qui come Don Tillman trovi alla fine, nell’oscurità  del proprio animo, il dio dell’amore. Ma poiché con Darwin si è cominciato, con Darwin mi piace finire. Il mite Charles, in un appunto probabilmente del 1838, mise su carta con metodo scientifico «vantaggi e svantaggi dello sposarsi». Una moglie, che seccatura! «Non potrei mai imparare il francese, o vedere l’Europa, o andare in America, o fare un’ascensione in pallone, o magari una gita solitaria nel Galles». Però, «fidati del destino, e tieni gli occhi aperti». Darwin sposò Emma Wedgwood il 29 gennaio 1839, e si tenne lontano dalle mongolfiere.


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