Le nostre cento piazze per un’altra Europa

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Il primo è il “salvataggio” di Cipro e il modo dilettantesco e devastante con cui l’Eurogruppo ha affrontato il problema. Gli interventi europei – tardivi e inadeguati, ma nel merito non sempre sbagliati – si sono trasformati in una débà¢cle politica, che ha dato l’impressione ai cittadini dei paesi in crisi che l’Ue sia ancora una volta un cerbero senza cuore e, a quelli dei paesi più ricchi, che ancora una volta sia necessario mettere mano al portafoglio per i “fannulloni” del Sud.
La seconda notizia nasce con lo scandalo dei conti all’estero del ministro francese Carzhuac, le scoperte di patrimoni nascosti o dormienti alle isole Cayman, lo scandalo Offshore leaks. Non si può più perdere tempo sulla regolamentazione del sistema finanziario e lo smantellamento dei paradisi fiscali. Se non ci si è fatto nulla fino ad oggi, la responsabilità  è della maggioranza conservatrice al Parlamento europeo e alla Commissione, e delle resistenze dei governi conservatori della maggior parte dei paesi Ue. Dal 2008 il Parlamento europeo chiede regole stringenti sulle banche, ma i risultati tardano a venire. Non è una generica “Europa matrigna” che frena passi avanti contro evasori e banchieri, ma sono ben precise forze politiche: il blocco del Ppe, i liberali e gli euroscettici di ogni provenienza, oltre ad alcuni Stati membri – Germania, Finlandia, Olanda, Austria, Regno Unito e Lussemburgo in testa.
E arriviamo così alla terza notizia: l’annuncio che il presidente della Commissione euoropea, il portoghese Barroso, potrebbe ricandidarsi per la terza volta. Sarebbe una vera iattura per l’Ue: Barroso è arrivato alla Presidenza perché la maggior parte dei governi nazionali (conservatori) non hanno voluto una Commissione forte, ma un debole e opportunista capo del loro segretariato. La Commissione di Barroso non ha difeso l’interesse europeo definito dal Trattato di Roma, è stata debole con i forti e arrogante con i deboli: il simbolo dell’Europa che non vogliamo.
Una Commissione ideologicamente spostata a destra è diventata con Olli Rehn l’ultimo baluardo della difesa dell’austerità  a tutti i costi. Una Commissione che perde ogni giorno legittimità  e non sa difendere neanche le iniziative positive, dalla proposta di nuova Politica agricola comune del Commissario Ciolos alla bozza di bilancio pluriennale che proponeva un aumento e ridefinizione delle spese in parte positiva, ma che è stata abbandonata quando qualche settimana fa gli stati membri hanno proposto invece un taglio di decine di miliardi di euro, riducendo per la prima volta nella storia il bilancio Ue ed esponendolo al rischio di deficit. Neppure il rifiuto del Parlamento europeo di accettare una simile proposta inutilmente recessiva ed economicamente controproducente ha convinto la Commissione di scendere in campo e dare battaglia.
Questi tre eventi ci impongono di agire, se vogliamo una finanza, un’economia e una società  diversa , e un’Europa che sia parte della soluzione e non del problema. Nelle nostre riflessioni su come cambiare l’Italia e uscire dall’appiccicosa impasse nella quale ci troviamo, dobbiamo tener conto che la scommessa è anche cambiare gli equilibri in Europa. Le politiche sbagliate di fronte alla crisi finanziaria, le evasioni fiscali eccellenti, il potere indiscusso di Angela Merkel, il ruolo di Barroso e dell’incompetente neo-presidente dell’Eurogruppo sono tutte cose che possono cambiare.
Tra un anno ci saranno le elezioni europee, che saranno decisive per decidere il futuro dell’Ue. Di fronte alla crisi politica italiana Giulio Marcon – deputato indipendente di Sel – ha proposto qualche giorno fa sul manifesto una mobilitazione di “cento piazze”, un’iniziativa poi rilanciata dall’editoriale sul manifesto di Mario Pianta. Lo stesso dovremmo fare in Europa.
Le proposte per riformare radicalmente l’Ue ci sono: la fine dei paradisi fiscali, come ben spiegato dal ministro verde francese Pascal Canfin e da Andrea Baranes della Campagna Sbilanciamoci!; la riforma del sistema finanziario, andando oltre le proposte approvate o in discussione a livello Ue, l’introduzione della Tassa sulle transazioni finanziarie, per la quale perfino la Commissione Barroso è oggi un alleato; un nuovo bilancio Ue, non di sterile austerità  ma di appoggio a investimenti nella green economy, nelle tecnologie innovative e nei servizi alle persone. E’ necessario legare strettamente questi grandi temi alla battaglia sul governo in Italia e a quella su “un’altra Unione” in Europa. Perché, come ormai appare chiaro a chi sappia vedere al di là  delle alchimie dei palazzi romani, l’Italia si salva solo se si cambia rotta in Europa.
Ci sono due cose da fare subito. La prima è sostenere con una campagna di opinione il Parlamento europeo nel suo sforzo di respingere il bilancio comunitario e trovare un accordo al “rialzo” con gli stati membri. La seconda è preparare – magari con cento iniziative nelle piazze d’Europa – la campagna elettorale del 2014 per il Parlamento europeo come una discussione comune sul futuro dell’Europa, a partire dalla definizione dei candidati e candidate alla Presidenza della Commissione europea. Si tratta di uscire da dibattiti esclusivamente nazionali e dalla trappola di una discussione su euro si/euro no.


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