Ma Landini dice no: una fuga dalla realtà  che pagherebbero ancora i lavoratori

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«UN patto con la Confindustria sarebbe una scelta dettata dalla paura, una fuga dalla realtà . Bisognerebbe avere coraggio: non fare patti senza senso bensì accordi innovativi trovando mediazioni e scambi possibili», dice Maurizio Landini, leader della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil.
Landini, al di là  del tecnicismo e del sindacalese, perché dite no all’ipotesi di un patto con gli industriali per salvare — come ha proposto Squinzi — la fabbriche?
«Perché i patti firmati nel passato, anche senza la Cgil, hanno portato al governo Berlusconi e poi al governo Monti. E chi ha pagato le loro politiche? I lavoratori. Loro fanno i patti e i lavoratori pagano».
In questo caso non pagherebbero, come dice lei i lavoratori.
«Ah sì? Si chiede la riduzione delle tasse. Bene. E poi i servizi sociali chi li paga? Senta bisognerebbe cominciare a dire che c’è una responsabilità  anche delle imprese e della Confindustria per la situazione in cui ci troviamo. Confindustria ha sempre sostenuto i governi Berlusconi e dopo quello Monti, ha approvato i tagli alle pensioni, ha voluto la modifica dell’articolo 18, ha sostenuto le scelte di Marchionne e la decisione della Fiat di andarsene dall’Italia ».
Marchionne se n’è andato anche dalla Confindustria.
«Sì, ma intanto Confindustria ha accettato e difeso l’articolo 8 della legge Sacconi che permette di derogare a leggi e contratti. In nessun altro paese europeo ci sono regole così».
Il suo è un no preventivo alla Confindustria. E se si trovassero punti di intesa?
«Io sono abituato a parlare di accordi, non di patti».
Che differenza c’è?
«Che negli accordi si possono realizzare gli scambi. Per esempio: si bloccano o no i licenziamenti in Italia? E poi: anziché defiscalizzare gli straordinari perché non chiedere sgravi fiscali per i contratti di solidarietà ?».
Si sente nella stessa barca di Squinzi?
«Le parole di Squinzi mi fanno venire in mente il Titanic. Sì, certo, stavano tutti sulla stessa barca ma quelli che si trovavano nella sala macchine non si sono salvati. Ci sono responsabilità  diverse. Gli industriali italiani sono quelli che investono di meno in innovazione e ricerca. Forse pure per questo abbiamo i salari più bassi in Europa e un così alto tasso di precarietà ».
Sì, ma Marchionne e anche altri, potrebbero dire che solo in Italia c’è la Fiom che dice no a qualunque accordo.
«Non è vero. La Fiom è il sindacato che firma più accordi di tutti. Ha detto di no alla Fiat, ma quello non era un accordo: era un ricatto ».
Cgil, Cisl e Uil sono vicine ad un’intesa sulla rappresentanza e la democrazia sindacali. La Fiom ci starebbe?
«La Fiom chiede di più: una legge sulla rappresentanza e il diritto di tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti al sindacato, di votare sugli accordi».
La Fiom ha organizzato per il 18 maggio una manifestazione a piazza San Giovanni a Roma. Se le tre confederazioni decidessero una iniziativa unitaria, lei rinuncerebbe alla manifestazione?
«Le manifestazioni si fanno sui contenuti. Comunque, per ora solo noi abbiamo chiesto e ottenuto di manifestare a piazza San Giovanni ».


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Non dovevano essere lì. Non volevano esserci Mohamad Azarg, quarantaseienne, e Kumar Pawan, ventisettenne, i due operai indiani morti sotto le macerie di una fabbrica, la Meta, a San Felice.

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