Bersani vede Maroni, vertice per il Quirinale

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ROMA — L’elezione del capo dello Stato si avvicina. Pier Luigi Bersani, che è stato designato dal presidente Giorgio Napolitano ma che si trova in stand by perché le sue consultazioni non hanno trovato una sbocco conclusivo, sta incontrando di nuovo i gruppi dirigenti dei partiti per cercare una soluzione, anche per formare un nuovo esecutivo. Ieri la delegazione del Pd, guidata appunto da Bersani e composta dal vice segretario Enrico Letta, da Dario Franceschini e dai capigruppo Luigi Zanda (Senato) e Roberto Speranza (Camera) si è vista con il capo dei leghisti, Roberto Maroni, affiancato dai due capigruppo Massimo Bitonci (Senato) e da Giancarlo Giorgetti (Camera).
Un incontro abbastanza lungo (oltre un’ora) che sarebbe servito a confermare il comune orientamento sui criteri con i quali scegliere il futuro presidente della Repubblica. E il principale è che a eleggerlo sia una maggioranza la più ampia possibile, trattandosi di una figura di garanzia istituzionale. Sulla rosa dei candidati che il Pd dovrà  proporre agli altri, invece, la discussione è rimandata alla prossima settimana. Maroni, però, avrebbe espresso la preferenza per un candidato donna e posto un paletto, un veto vero e proprio, su una personalità  ritenuta tra i papabili. Se, per esempio, il Pdl fosse orientato a votare uno come Giuliano Amato, sarebbe stato il suo ragionamento, la Lega non seguirebbe l’alleato e si sentirebbe libera di decidere diversamente. «Nessuna rottura — avrebbe argomentato il segretario leghista — ma l’affermazione di un principio di autonomia». Durante l’incontro, riferisce Bitonci, «abbiamo fatto una battuta su Bersani e sul fatto che il suo nome — leggendo alcuni giornali — era stato fatto per il Quirinale. Abbiamo sorriso tutti, benché da parte nostra non vi sia alcuna preclusione». Del resto lo stesso Bersani liquida l’argomento con una battuta, lasciando così intendere di non essere interessato: «Gli unici colli ai quali penso sono quelli piacentini». I padani su questo non agiranno di conserva con gli alleati del Pdl, con i quali invece l’intesa è strettissima su come arrivare al nuovo esecutivo. «Maroni — afferma Bitonci — ha chiesto a Bersani di fare subito un governo forte perché la situazione economica è così grave che non si può aspettare». Ed è la stessa linea sostenuta da Berlusconi che, nel colloquio dei giorni scorsi con il segretario del Pd, aveva ipotizzato che fosse proprio lui a guidarlo.
Intanto i «facilitatori», insediati prima di Pasqua al Quirinale, hanno esaurito il loro compito. Oggi consegneranno i risultati del loro lavoro nelle mani di Napolitano: riforme costituzionali, legge elettorale, giustizia e garanzie (compresa anche l’inappellabilità  delle sentenze di assoluzione), crescita economica, margini di flessibilità  del bilancio Ue. Oltre al menù annunciato, tuttavia, ed è questa la novità , i dieci saggi proporranno al Presidente anche ciò che rimane di incompiuto dell’agenda Monti grazie alle indicazioni raccolte dal ministro Piero Giarda (convocato due giorni fa dai saggi) tra i suoi colleghi: nella lista delle cose da fare subito, ci sono, tra l’altro, il ripescaggio del vecchio ddl sulla delega fiscale (Grilli), le pene alternative al carcere e lo sblocco dell’arretrato civile (Severino), un nuovo provvedimento sugli interventi urgenti per le infrastrutture (Passera). La lista di Giarda, comunque, comprende anche le contromisure per congelare l’aumento programmato dell’Iva, il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, la proroga delle missioni internazionali.


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