Biennale democrazia, si parla di Africa. E i rifugiati restano fuori

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TORINO. E in un pomeriggio di primavera i rifugiati invadono il centro di Torino con i cartelli ben alzati e storie difficili da cui vorrebbero affrancarsi. Sfilano in piazza San Carlo, il salotto buono della città , con ai lati signore sbigottite e i tifosi del Bayern Monaco – prima del match con la Juve – incuriositi. Si sono mossi dalla stazione Porta Nuova verso il Teatro Regio. Sono qualche centinaia e arrivano dall’ex Moi (un tempo mercato ortofrutticolo), dove hanno occupato nei giorni scorsi tre palazzine del Villaggio Olimpico. Vogliono arrivare al Regio per incontrare la presidente della Camera, Laura Boldrini, che quando ha lavorato all’Onu spesso ha parlato in difesa dei loro diritti.

«Per vivere, il lavoro è necessario», «Cancellate le impronte digitali», «No war for oil», «House for all», sono alcuni dei cartelli dietro lo striscione «Casa, reddito e dignità  per tutti». Insieme, ci sono i ragazzi dei centri sociali Askatasuna e Gabrio che li hanno aiutati e sostenuti nell’occupazione, ma anche bandiere di Cub e Usb. Quando il corteo arriva in piazza Castello, davanti al Regio, ad attenderlo ci sono in fila le forze dell’ordine con tanto di scudi, il luogo è blindato. Profughi e rifugiati si fermano dietro le transenne, sotto i manifesti della Biennale Democrazia, che poco dopo sarà  inaugurata dalla presidente Boldrini. Ci sono uomini, donne, qualche bambino, sono persone fuggite dalle guerre e dai conflitti in Africa, dal Sudan alla Costa d’Avorio, dalle detenzioni nei campi libici. Supera lo sbarramento solo una delegazione, che chiede di poter leggere un comunicato dal palco della Biennale. Ma arriva il no dell’organizzazione, il presidente della manifestazione, il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, non sarebbe d’accordo. «È inconcepibile – esclamano i manifestanti – che un evento che ha per titolo Biennale Democrazia, peraltro organizzato sui temi dell’Africa, non dia la possibilità  neanche a uno dei rifugiati presenti di leggere il loro volantino. Non accettiamo lezioni di democrazia da chi si è chiuso nel suo fortino». Ma la buona notizia è che la presidente della Camera abbia deciso di incontrarli. E così sarà . «Si è fatta carico – hanno spiegato i manifestanti – di parlare del loro problema nella lectio magistralis: lei ci ha messo la faccia». Più tardi, Boldrini li ha, inoltre, invitati a cercare nuove strade oltre all’assistenza, raccogliendo però una delusione da parte dei migranti, all’uscita dall’incontro: «Una con la sua storia non può parlarci così».
Nel primo pomeriggio, la presidente, prima di recarsi alla Biennale, aveva ricevuto in Prefettura una quindicina di esponenti dell’associazionismo torinese, tra cui Gruppo Abele, Migrantes, Terra del fuoco, Arci e Croce Rossa, che affrontano il tema dell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. «Un grande paese come l’Italia – ha detto Boldrini – può far fronte a questa situazione perché è all’altezza di farlo. Basta strutturarsi in modo adatto. In Italia, lo scorso anno ci sono state 15mila domande di asilo, un numero molto esiguo rispetto ad altri Paesi europei. Il Piano Nord Africa non è stato un’esperienza tutta positiva, ora speriamo che il sistema di accoglienza dei Comuni possa diventare un po’ più ampio, perché ospitare tremila persone non è un numero realistico».


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