Procura sconfitta La Consulta salva la legge sull’Ilva

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Così ha deciso ieri la Corte costituzionale chiudendo un capitolo che era stato aperto dai magistrati tarantini il giorno stesso dell’approvazione del decreto, il 3 dicembre del 2012. Il governo Monti, e in particolare il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, quel giorno decisero di uscire con un decreto, appunto, dal guado nel quale era finita la partita giudiziaria fra l’Ilva e la magistratura del capoluogo pugliese. Dopo un braccio di ferro senza precedenti fra la Procura (che a luglio aveva sequestrato gli impianti a caldo senza concedere la facoltà  d’uso) e la proprietà  dello stabilimento siderurgico (che aveva chiesto più volte e in tutte le sedi possibili il dissequestro e il permesso di produrre) la politica era intervenuta concedendo all’Ilva la ripresa della produzione anche se formalmente gli impianti non sono mai stati dissequestrati. Convertito in legge dal vecchio Parlamento a larghissima maggioranza, il provvedimento era stato ritenuto illegittimo dai magistrati che adesso incassano la «sconfitta» sul piano giuridico senza commentare: «Le sentenze della Corte costituzionale si rispettano e non si commentano», ha detto il procuratore capo Franco Sebastio. Soddisfatto, invece, l’avvocato dell’Ilva Marco De Luca: «Questa decisione mi pare assolutamente conforme al diritto ed è chiaro oggi che i ricorsi dei giudici di Taranto erano assolutamente infondati. Resta il danno creato alla società  da questi mesi passati senza poter disporre liberamente dei propri beni». Ma per una questione che si chiude ce n’è un’altra che rischia di aprire nuovi fronti giudiziari e che viene proprio dalla decisione di ieri della Corte costituzionale. Dicono i giudici della Consulta: «Le norme censurate non influiscono sull’accertamento delle eventuali responsabilità  derivanti dall’inosservanza delle prescrizioni di tutela ambientale, e in particolare dell’autorizzazione integrata ambientale riesaminata, nei confronti della quale, in quanto atto amministrativo, sono possibili gli ordinari rimedi giurisdizionali previsti dall’ordinamento». Un passaggio che in sostanza potrebbe aprire la strada a nuovi interventi della Procura su eventuali punti dell’autorizzazione ambientale non rispettati dall’Ilva. Inosservanze che finora sono state di competenza del prefetto e del garante dell’Aia, non dei magistrati.


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