“Non buttate quando si rompe” ecco la scuola aggiustatutto

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LONDRA. BOLLITORE rotto? Computer lento? Non c’è bisogno di precipitarsi in negozio per rimpiazzarlo con l’ultimo modello. In tempi di crisi economica ed ecologica, il motto è «riparalo, non disperare». E «Repair, don’t despair» è per l’appunto lo slogan adottato da due trentenni.
UGO Vallauri e Janet Gunter, questi i loro nomi, l’anno scorso hanno dato vita al “Restart Project”. Sulle orme dei “Repair Café” di Amsterdam o dei “ Fixers Collective” di Brooklyn, organizzano nella capitale britannica dei “Restart Party”: workshop mensili itineranti dove si impara gratuitamente a riparare il proprio gadget elettronico o elettrodomestico rotto.
C’è chi arriva lamentandosi della lentezza del proprio portatile per poi scoprire che basta aumentarne la memoria o chi si presenta con un rasoio elettrico malfunzionante
e, con l’aiuto dei volontari e di qualche tutorial pescato su Internet, riesce a farlo operare nuovamente. Con un po’ di pazienza e di fortuna, alla fine si trova una soluzione all’80 percento dei problemi.
«L’idea — spiega Vallauri, trapiantato a Londra da Bra — mi è venuta dopo la mia collaborazione in Africa con la organizzazione non governativa britannica Computer Aid. In Kenya ho imparato approcci meno spreconi dei nostri. Lì non ci si sbarazza facilmente di qualcosa che può essere riparato. Si aggiusta tutto. Mentre noi spesso compriamo oggetti non dettati dalla necessità , ma dalla pigrizia e dalla mancanza delle conoscenze necessarie per la manutenzione di quelli che abbiamo già . Il nostro obiettivo non è offrire delle riparazioni gratuite, ma sconfiggere l’obsolescenza programmata e recuperare la manualità  in una società  esasperata dal consumismo».
Il primo Restart Party si è tenuto lo scorso giugno ed è stato subito un successo. «Sin dall’inizio abbiamo raccolto l’interesse — continua Vallauri — non solo di chi spesso è frustrato dalla macchinosa e scoraggiante burocrazia  delle garanzie previste dalle aziende produttrici, ma anche di chi vuole mettere la propria manualità  e il proprio saper fare al servizio degli altri ». E il prossimo passo dell’organizzazione sarà  proprio creare sul sito the restart project. comuna rete che metta in contatto chi cerca servizi con chi li offre: appassionati di riparazioni, sviluppatori di software, etc.
Complice la crisi economica, la cultura della riparazione sta soppiantando quella dell’usa e getta anche Oltremanica. In Olanda gli antesignani Repair Cafe sono oramai una trentina e hanno persino ricevuto una sovvenzione governativa di quasi mezzo milione di euro.
Gli australiani imparano a recuperare i loro gioielli agli incontri mensili organizzati da “The Tresaury” a Melbourne o ad aggiustare e reinventare i loro oggetti al Bower Reuse and Repair Centre di Sidney. Mentre a New York i Fixers Collective si incontrano una volta a mese.
Anche in Italia, dove ogni anno vengono prodotti un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti elettronici, non mancano iniziative simili. Come la PcOfficina che organizza incontri settimanali a Milano dove, sul modello della ciclofficina, si riparano computer tra una birra e una chiacchiera. O come l’Oratorio digitale lanciato dall’associazione Ohibò che insegna ai ragazzi sopra gli 11 anni ad allungare la vita del cellulare o del lettore mp3 che già  possiedono invece di inseguire le pubblicità  dell’ultimo modello. La riparazione insomma è diventata un vero e proprio movimento. Perché fa bene all’ambiente e al portafoglio.


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