Crocetta «salva» Ingroia da Aosta Guiderà  la Equitalia siciliana

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PALERMO — Lo sapevano tutti che ad Aosta non voleva proprio andarci. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che il magistrato Antonio Ingroia, dopo il flop elettorale, per evitare il trasferimento «su al Nord» domani all’esame del Csm, avrebbe ottenuto un incarico di sottogoverno alla Regione da Rosario Crocetta, il presidente delle grandi sorprese e del grande repulisti.
Perché, al di là  delle battute del centrodestra su «Ingroia lottizzato» e delle bacchettate che arrivano via web sull’ex inviato in Guatemala, «il “repulisti” è lo spirito della nomina», come s’è affannato a precisare lo stesso Crocetta, deciso a piazzare l’ex procuratore antimafia, come presidente del consiglio di amministrazione, al vertice della società  che riscuote le tasse in Sicilia. Appunto, «Riscossione Sicilia». Un carrozzone che perde 20 milioni di euro all’anno. Emanazione della Serit, fino all’anno scorso a guida Monte dei Paschi. Esattorie con una storia radicata nei santuari mafiosi fino agli anni Ottanta guidati da Ignazio e Antonio Salvo.
Liquidando come «strumentale» ogni polemica come quella di Maurizio Gasparri («Ingroia, da rivoluzionario a gabelliere»), ecco Crocetta esaltare la sua scelta perché sostiene di voltare definitivamente pagina: «Abbiamo trovato consulenze da un milione di euro all’anno affidate a un noto studio legale, più 500 mila euro di rimborsi spese». Una ricognizione effettuata con l’assessore all’Economia Luca Bianchi, ironico: «È come se finanziassimo l’ordine degli avvocati». E ancora Crocetta: «Incredibile, ma pagavamo 12 milioni di euro all’anno per le notifiche, affidate ai privati. E 400 incarichi furono dati nell’agosto scorso a tre avvocati, in piena campagna elettorale per le regionali. Ho presentato un esposto alla Corte dei conti e alla procura antimafia».
Di qui la scelta di affiancare a Ingroia, come vicepresidente del consiglio di amministrazione, l’avvocato Lucia Di Salvo, presentata dal governatore come «moglie di un magistrato», e inserire nello stesso organismo l’avvocato Maria Mattarella, figlia di Piersanti, l’ex presidente della Regione siciliana assassinato dalla mafia il sei gennaio 1980.
Ma, date tutte queste motivazioni, resta il terremoto politico sul magistrato che si presentò come candidato premier, deciso a non rientrare nei ranghi giudiziari: «Ritengo sia più utile la mia presenza in Sicilia alla guida di un ente pubblico rispetto all’incarico di giudice, tra l’altro in sovrannumero, ad Aosta».
Di diverso parere un suo estimatore, Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso con Falcone, guida delle «Agende rosse»: «Preferivo che facesse il magistrato. Ha fatto un ottimo lavoro permettendo di mettere in piedi il processo sulla trattativa Stato-mafia. Come sarà  da politico non lo so».
Lui prova a tranquillizzare, indeciso sul partitino con cui ha perso, «Rivoluzione civile»: «Spiegherò la prossima settimana cosa succederà ». Certo del suo futuro, mentre accetta questo incarico da 50 mila euro l’anno e parla in terza persona: «C’è chi teme sempre Ingroia: lo temeva come magistrato, lo temeva come politico e adesso ovviamente lo teme alla guida di una società  pubblica che in Sicilia è snodo di certi interessi. Non mi sorprende che io faccia paura a certi grumi di potere, io vado avanti».
Ultima parola comunque al Csm che, in assenza di dimissioni, dovrà  decidere domani sull’aspettativa «giù al Sud».


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