Via ai rimborsi alle imprese «No alle compensazioni»

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ROMA — Dopo il rinvio di mercoledì scorso, ieri il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione verso le imprese. «Quaranta miliardi di euro erogati nei prossimi 12 mesi con un meccanismo chiaro, semplice e veloce» promette il presidente Mario Monti, che si augura un «iter scorrevole in Parlamento» e garantisce il «rispetto della soglia del 3% del debito rispetto al Prodotto interno lordo». Il testo conferma le attese della vigilia. C’è la «compensazione tra debiti e crediti» come spiega il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera, ma in serata la Ragioneria cancella la norma. I «primi pagamenti saranno possibili già  lunedì», con 2,3 miliardi erogati per i primi 20 giorni, aggiunge il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, che domani sarà  a Bruxelles per incontrare il commissario agli Affari economici, Olli Rehn. Sono state alleggerite quelle complesse procedure che avevano spinto gli imprenditori a chiedere un approfondimento.
Non previste invece, ma forse prevedibili visto il clima da titoli di coda, le dure parole che proprio Monti riserva alla strana maggioranza che lo ho sostenuto fino a poche settimane fa. «Lasciatemi esprimere — dice il premier in conferenza stampa — la mia sorpresa e leggera indignazione per le tante severe critiche al governo, che ha impegnato tre giorni più del previsto, arrivate da quelle forze politiche che hanno provocato questo fenomeno». E ancora: «Ho visto un’improvvisa voglia di tutti di pagare molto di più alle imprese, compresi coloro che le hanno soffocate». Monti ne ha in particolare per Stefano Fassina (Pd), che pure non cita, quando dice che la «politica economica non cambia rotta», visto che il responsabile economico del Pd aveva definito il decreto come il «primo intervento anticiclico dopo un lunghissimo periodo di provvedimenti restrittivi».
Ma anche per il Pdl, quando ricorda che i «debiti della Pubblica amministrazione erano già  61 miliardi di euro, saliti a 74 alla fine del 2010 e a 80 a fine 2011», quando sostituì Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. E infatti a replicargli sul punto è Daniele Capezzone, portavoce del partito: «Le parole di Monti lasciano il tempo che trovano. Gli italiani hanno sotto gli occhi il fallimento della sua stagione di tassatore, e lo hanno già  giudicato con il voto». Sul merito del provvedimento, atteso da tempo, i giudizi vanno dal massimo dei voti all’insufficienza piena.
Esulta l’Anci, l’associazione dei Comuni, con il presidente Graziano Delrio che parla di «vittoria dell’Italia dei sindaci». Luce verde anche dai costruttori, con il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti che vede nel decreto un «passo importante per la correttezza nei rapporti fra Stato e imprese», e dalle banche con il numero uno dell’Abi Antonio Patuelli: «Una scelta che va nella giusta direzione». Quasi profeticamente Giorgio Squinzi si riserva un giudizio compiuto dopo la pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale, ma apre uno spiraglio: «In base alle prime informazioni ci sono stati certamente dei miglioramenti». E poi parla anche dell’ipotesi di una proroga del governo Monti: «Si può fare. Noi siamo apartitici ma l’importante è prendere provvedimenti reali come questo, oppure sul costo del lavoro». Anche Giuliano Poletti, Alleanza delle cooperative, parla di «progressi» ma aggiunge che «molti problemi rimangono aperti». Dai piccoli imprenditori, invece, arrivano le critiche più nette: «Meglio di niente — per Maurizio Casasco, Confapi — ma la procedura è così complessa da non consentire di prevedere chi, quanto e quando riscuoterà ». O ancora Rete imprese, con Carlo Sangalli: «Il decreto non produrrà  nessuno degli effetti auspicati».


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Perché non si può cancellare il reintegro

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Il Financial Times, in un editoriale pubblicato ieri, invita il “governo dei tecnocrati” di Mario Monti a non cedere alle pressioni politiche e sindacali che puntano a modificare la riforma del mercato del lavoro. La fiducia dei mercati verso l’Italia è talmente fragile, sostiene il giornale della City, che anche un piccolo passo indietro potrebbe minare questa ritrovata ma provvisoria credibilità . Quindi il governo mantenga ferma la linea sul licenziamento individuale senza reintegro, così lo spread e i tassi dei titoli del debito pubblico italiano resteranno sotto controllo, altrimenti saranno guai.

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