Chinua Achebe: “anche il leone deve avere chi racconta la sua storia. Non solo il cacciatore”

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Grazie a lui il mondo ha cambiato il suo modo di percepire l’Africa ed in particolare il Biafra della cui diaspora era il figlio più conosciuto, capace di ricordarci nei suoi libri come anche il leone deve avere chi racconta la sua storia. Non solo il cacciatore”, un detto ancestrale che evoca l’istanza di guardare all’Africa senza pregiudizi e stereotipi, andando al di là  di una visione paternalistica, ammantata solo di carità .

Per il suo valore Achebe aveva ricevuto nel 2002 il Premio per la Pace durante la Fiera del Libro di Francoforte e, nel 2007, il prestigioso Man Booker International Prize per il suo “contributo alla letteratura a livello mondiale”, oltre ad essere più volte associato a un possibile Nobel per la letteratura, andato in passato a un altro autore nigeriano, Wole Soyinka (il primo nero africano ad aver ricevuto il più alto riconoscimento per uno scrittore) che in una breve nota ha parlato “di una perdita enorme, nel contempo universale ed intensamente personale”. “Abbiamo perso un fratello, un collega, un pioniere e un valoroso combattente. Del quartetto di pionieri della letteratura contemporanea nigeriana, due voci si sono ormai spente, prima quella del poeta Christopher Okigbo, e ora quella di Achebe” ha spiegato il Nobel Soyinka. Ma anche gli autori di nuova generazione si sono fatti sentire con le parole di Chimamanda Adichie che ha pubblicato una toccante elegia nella sua lingua madre Igbo. Adichie che è generalmente considerata l’erede più promettente di Achebe nella narrativa in lingua inglese, nella sua dedica, lo ha descritto come “un grande pensatore, una mente brillante e un animo gentile”, definendo la sua morte come la chiusura di un capitolo importante nella storia non solo culturale della Nigeria.

E non poteva essere altrimenti. Nato il 16 novembre del 1930 da una famiglia di etnia Igbo, fin da giovane, all’Università  di Ibadan, si cimentò a smontare l’ideologia coloniale dei romanzi inglesi e cominciò a raccontare “la parte del leone” con opere quali Things fall apart (Il crollo), No longer at ease (Ormai a disagio), A man of the people (Un uomo del popolo) e Arrow of God (La freccia di dio). Proprio il suo primo romanzo Il crollo del 1958, tradotto in più di cinquanta lingue e venduto in oltre 10 milioni di copie confermandosi come uno dei romanzi più letti del XX secolo, è diventato una sorta di risposta al famoso Cuore di tenebra di Joseph Conrad, opera di solito ritenuta espressione di un approccio “illuminato” verso l’Africa e gli africani, ma che per Achebe evidenziava un neanche tanto latente razzismo. Senza fare sconti alle debolezze e all’opportunismo del proprio popolo, il capolavoro di Achebe narra le vicissitudini di una famiglia nigeriana attraverso i decenni che vanno dalla tradizione ancestrale di inizio ’900, passano per il colonialismo fino ad arrivare alla modernità , mettendo in luce il disadattamento delle vecchie generazioni e la frustrazione delle nuove di fronte alla corruzione e alla perdita dei valori delle origini dopo il contatto con il mondo dei “bianchi”.

Ma solo pochi mesi prima della sua morte, ha ricordato l’Associazione Popoli Minacciati(Apm), questo padre della narrativa africana ha lasciato in eredità  al mondo, e in particolare alla sua gente, il libro There was a country. A personal history of Biafra. Nel libro Achebe ricorda la tragedia del Biafra, il genocidio avvenuto tra il 1967 e il 1970, che all’epoca scosse profondamente l’opinione pubblica mondiale, ed evidenziò le responsabilità  dirette dei governi di Gran Bretagna e Unione Sovietica che per motivi economici sostennero il governo nigeriano fino alla vittoria finale sulla Repubblica del Biafra. Achebe nel libro ha ricostruito “le responsabilità  del governo britannico di Harold Wilson”, ma per contro anche il turbamento e la partecipazione della popolazione britannica alla crisi.

 “Quasi 30 anni prima del Ruanda e del Darfur – ha scritto Achebepiù di due milioni di persone, madri, bambini, neonati e civili persero la vita a causa di una politica inauditamente crudele, condotta dal governo nigeriano. La peggiore misura della sua politica fu adottare la fame come arma da guerra. […] I costi in termini di vite umani l’hanno resa una delle più sanguinose della storia dell’umanità ”.

Una denuncia non casuale che negli anni ha portato Achebe a criticare puntualmente i dittatori militari che hanno governato la Nigeria e a denunciare la corruzione e l’incapacità  delle istituzioni al potere, tanto che per ben due volte ha respinto le offerte da parte del Governo di Abuja di concedergli una onorificenza nazionale, citando come motivazione “le deprecabili situazioni politiche del Paese, in particolare quelle del suo stato natale Anambra”. Nel 2004, infatti, rifiutò il titolo onorifico di Commander of the Federal Republic assegnatogli dall’allora presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, esprimendo il suo sconcerto e costernazione verso un sistema politico che ha trasformato la Nigeria in un “feudo in bancarotta e senza legge”. Le stesse motivazioni che lo portarono, nel 2011, a rifiutare un altro riconoscimento dall’attuale presidente Goodluck Jonathan.

Ora l’Apm ha auspicato che il terribile genocidio del Biafra e l’eredità  letteraria ed umana di Chinua Achebe “possa fungere da monito e spingere l’umanità  almeno ad aiutare in tempo le vittime odierne e future di tutti i genocidi.

 La Nigeria in particolare continua ad essere distrutta dagli interessi economici. La distruzione in corso ad opera delle multinazionali petrolifere sfrutta una popolazione indifesa e distrugge irreversibilmente l’ambiente, rendendolo completamente inabitabile per chi è costretto a viverci”. È ora che la politica mondiale si impegni per porre fine a questo crimine senza fine, partendo dall’esempio di chi ha portato l’Africa al resto del mondo e amava ricordare che “Fra gli Igbo c’è un proverbio: un uomo che non sa dire dove la pioggia lo ha colpito non sa neppure dove il suo corpo si è asciugato. Lo scrittore deve dire alla gente dove la pioggia lo ha colpito” e indicando il punto Achebe ci aveva spiegato che l’Africa non è povera, ma semmai impoverita e che l’Africa non chiede beneficenza, semmai invoca giustizia.

Alessandro Graziadei


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