M5S, una lista di nomi per il premier

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ROMA — Due assemblee passate a parlare di disegni di legge e interrogazioni da presentare. Le valigie pronte per tornare a casa, qualcuno è già  partito, perché Pasqua è Pasqua, «non ci fermiamo da tre settimane». E però, la notizia che arriva in Transatlantico alle sette e mezzo della sera cambia tutti i piani. Il congelamento dell’incarico a Bersani, le nuove consultazioni del presidente Napolitano, mettono in crisi la linea del Movimento 5 Stelle.
Mercoledì sera, nella riunione che è seguita ai lavori d’aula, la romagnola Giulia Sarti ha alzato la mano timidamente e ha chiesto: «Perché non cominciamo a fare i nomi di un governo a 5 stelle? Se Bersani non ce la fa, rischiamo di farci trovare impreparati ». Una ventina erano con lei. Gli altri no. Così – almeno ufficialmente – non se n’è parlato. Le mosse del presidente della Repubblica però rimettono tutto in gioco. Vito Crimi annulla il ritorno a Brescia. Al Senato i pochi rimasti restano riuniti fino a tardi. Ci si vedrà  ancora stamattina, prima di incontrare il presidente. E lì, i nomi verranno fuori. Riportare i 20 punti di programma non ha senso. Stavolta bisogna avere
in mano qualcosa di concreto.
«Se il capo dello Stato ci proponesse Rodotà ? O Zagrebelsky? Perché dovremmo dire di no?», chiede più di un parlamentare. È davanti a questo scenario, che le truppe grilline rischiano di spaccarsi. È per questo, che i capigruppo in queste ore si affannano a trovare una linea che possa andar bene anche a chi non vuole continuare a dire solo no. «Si potrebbe fare un governo di scopo con 5 o 6 punti, così si tornerà  ad elezioni avendo fatto qualcosa», dice un senatore, che pure è già  in viaggio verso casa. La rosa però è tenuta segreta. «Se facciamo i nomi prima del tempo rischiamo di bruciarli», ragiona Massimo Artini, che il giorno prima è stato a Milano da Casaleggio per parlare della piattaforma informatica, degli strumenti di cui i parlamentari hanno bisogno per coordinarsi meglio. E del modo in cui verrà  scelto il candidato alla presidenza della Repubblica: il sistema è quasi pronto, a decidere sarà  la base, potranno votare gli iscritti al portale che hanno mandato i documenti digitalizzati, come alle parlamentarie.
In tutto questo, aleggia l’arrivo di Beppe Grillo. Già  ieri una voce impazzita lo dava in partenza dalla villa al mare di Marina di Bibbona alla volta di Roma. «Potrebbe arrivare per le consultazioni », «Andrà  con Vito e Roberta al Quirinale», dicono i boatos. Crimi nega via sms: «Grillo non ci sarà ». Quel che è certo, è che pochi giorni fa ha telefonato ai senatori riuniti per dire loro: «Tenete duro. Nessuna fiducia a Gargamella (alias Bersani) . Non votate nessuno sennò qui ci fregano. Bisogna restare compatti». E che il suo incontro con tutti i parlamentari era previsto per giovedì 4 o sabato 6 aprile, a ridosso della visita che tutti quanti faranno all’Aquila il 5, nell’anniversario del terremoto.
Che non sia così facile tenere insieme il monolite a 5 stelle lo dimostra l’episodio del senatore Marino Mastrangeli, di Frosinone, già  noto alle cronache grilline per aver votato la fiducia a Piero Grasso in quanto «ex poliziotto», ospite ieri di Barbara d’Urso a Pomeriggio 5.
Un deputato della sua stessa città  guarda sconfortato il telefonino: «Ecco, dalla base mi stanno già  massacrando». Altri ironizzano: «Fermi tutti, parla lo statista». Ma anche: «Sapevamo che avremmo avuto anche noi qualche Scilipoti». Le regole di Beppe Grillo vietano i talk show, il senatore ha chiesto di essere intervistato da solo – senza contraddittorio con gli altri politici in studio – ma potrebbe non bastargli per evitare provvedimenti. Al Senato sanno dell’intervista solo a cose fatte, dall’ufficio di comunicazione parte un tentativo di dissuasione che va a vuoto. Volano urla. Più di uno mormora: «Per me quello è fuori».


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