Lascia la «mente» di Wikipedia «Mi batterò per Internet libero»

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Soprattutto, ha lucidato la reputazione a Wikipedia, al sogno del sapere condiviso e aperto a tutti che rischiava di affogare in troppi buchi e inaccuratezze. Parlare di Wikipedia prima e dopo di lei, scriveva ad agosto Forbes inserendola al 70esimo posto nella classifica 2012 delle cento donne più potenti del mondo, vuol dire fare riferimento a «due organizzazioni completamente differenti».
Wikipedia è oggi, con 488 milioni di visitatori unici al mese, il quinto sito più visitato al mondo alle spalle di Google, Yahoo, Microsoft e Facebook.
Ma a Sue non basta più. A 46 anni ha deciso di lasciare Wikimedia, la fondazione non profit che sta dietro all’enciclopedia, dov’era arrivata dopo una carriera da giornalista a direttrice del sito e delle news online dell’emittente pubblica canadese (Paese in cui è nata). Noi stiamo bene, ha scritto ieri in un lungo messaggio-annuncio sul blog di Wikimedia, «Internet un po’ meno». Motivo per impegnarsi in modo diverso per una «Rete più aperta e libera». Che era poi la battaglia della quale l’enciclopedia online è stata a lungo un simbolo, ultimamente un po’ appannato.
Sue ha capito che era tempo di guardare oltre nei giorni della mobilitazione contro il Sopa (Stop Online Piracy Act) e il Pipa (Protect Ip Act), le proposte di legge del governo di Washington che, motivate dalla necessità  di contrastare la pirateria informatica, avrebbero in realtà  limitato la libertà  del web. Wikipedia in quella battaglia era stata in prima linea con uno storico blackout di 24 ore. Quelle proposte di legge sono ferme al palo, ma un’altra, la Cispa (Cyber Intelligence Sharing and Protection Act) è tornata in queste settimane al Congresso. E Internet, avverte Gardner ricordando le minacce e la censura di governi e corporation anche nei confronti di Wikipedia, è sempre più vicina a trasformarsi da una Rete «basata sulla produzione a una basata sul consumo».
Su come pensa di alzare il livello della sua battaglia personale Sue non è chiara. Un libro, un’altra fondazione, la creazione di una organizzazione non profit? Come tante sue colleghe manager ai vertici dell’industria statunitense, questa quarantenne con l’aria di una ragazzina non ha paura di reinventarsi.
Al New York Times che l’ha sentita ieri aggiunge di voler risparmiare a Wikipedia di cadere «nella trappola del fondatore», quella per cui un’organizzazione si identifica troppo con una sola persona, mentre «noi siamo un movimento collaborativo». Sarà , ma le nobili ambizioni di Sue potrebbero non essere l’unico motivo dietro l’addio (che si formalizzerà  tra sei mesi). Se è vero che finanziariamente la fondazione è solida, e Gardner può prendersene il merito, è vero anche che il sistema Wikipedia — in parte fisiologicamente — comincia a mostrare delle crepe. Il numero dei curatori, nonostante sia stato recentemente semplificato il sistema di editing dei testi da inserire, continua a scendere, e crolla quello dei membri promossi ad «admin», gli unici in grado di bloccare gli interventi e ripulire le pagine «maltrattate». Secondo quanto scriveva The Atlantic in estate, le promozioni erano 34 al mese nel 2006, sei nel 2010, una manciata negli ultimi tempi.
E Sue lascia anche con un altro grande rimpianto: si era ripromessa di far salire i contributi femminili all’enciclopedia, fermi al 10 per cento del totale, fino ad almeno il 25% entro il 2015. L’obiettivo sembra lontano, e comunque lei non sarà  lì a verificarlo.


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