Il Papa ai giovani: «Non siate tristi» E contro l’avidità  cita sua nonna

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CITTà€ DEL VATICANO — Non dev’essere un caso che, quando parla di «gioia» della fede, a papa Francesco venga sempre spontaneo riferirsi alla nonna che lo ha allevato. Mentre si rivolgeva ai cardinali all’indomani dell’elezione, «non cediamo mai allo scoraggiamento!», citò la poesia che l’amato Hà¶lderlin aveva dedicato a sua nonna e che il Papa ama ripetere ricordando la propria. Ieri ha alzato lo sguardo dal testo scritto mentre si rivolgeva ai duecentocinquantamila fedeli in piazza e lungo tutta via della Conciliazione, «per favore, non lasciatevi rubare la speranza, non lasciate rubare la speranza che ci dà  Gesù!», e quando ha proseguito elencando «le ferite» inferte dal «male» all’umanità , dalle guerre alla «sete di denaro e di potere», la vanità  di cose che non ci si porta nella tomba, si è interrotto di nuovo e ha sorriso: «La mia nonna ci diceva: bambini, il sudario non ha tasche!».
È stata una festa come nel racconto evangelico, la Domenica delle Palme a San Pietro, con il Papa che ha recitato l’Angelus dal sagrato, al termine della messa, per poi compiere un lungo giro in auto, fermandosi di continuo a salutare i fedeli: e colpiva vedere gli angeli custodi del Pontefice, a cominciare dal comandante della Gendarmeria Domenico Giani, impegnati ad avvicinare i bambini e sollevare di peso i disabili perché Francesco li potesse abbracciare e baciare. La «gioia», anzitutto: «Non siate mai uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi, nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, e ce ne sono tanti…». Francesco parla a braccio e nelle parole del Papa gesuita torna a farsi sentire la spiritualità  di Ignazio di Loyola, la lotta contro il «demonio» e la «desolazione spirituale», lo «spirito cattivo» dal quale il fondatore della Compagnia di Gesù mette in guardia negli «Esercizi spirituali»: è nei momenti difficili, scandisce il Papa, che «viene il Nemico, viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola. Non ascoltatelo! Seguiamo Gesù!».
Il Pontefice ieri indossava il semplice anello d’argento da vescovo — non porta sempre quello del Pescatore, che peraltro ha voluto d’argento dorato e non d’oro — e nelle sue riflessioni è tornata la considerazione che riferiva anzitutto al proprio ruolo, «il vero potere è il servizio». Quando Gesù entra a Gerusalemme «la folla lo acclama come un Re» e Francesco spiega: «Ma che tipo di Re è Gesù? Guardiamolo: cavalca un puledro, non ha una corte che lo segue, non è circondato da un esercito, e chi lo accoglie è gente umile, semplice…». Gesù entra a Gerusalemme per essere ucciso, «il suo trono regale è il legno della Croce, penso a quello che Benedetto XVI diceva ai cardinali: voi siete principi, ma di un Re crocifisso». Così il Papa riprende gli accenti del predecessore contro la «sporcizia» nel mondo (e nella Chiesa) e scandisce: «Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, e lo lava con il suo sangue, con la misericordia… Guardiamoci intorno: quante ferite il male infligge all’umanità ! Guerre, violenze, conflitti economici che colpiscono chi è più debole, sete di denaro che poi nessuno può portare con sé, deve lasciarlo…».
Ma il male si può vincere, «non dobbiamo credere al Maligno che ci dice: noi puoi fare nulla contro la violenza, la corruzione, l’ingiustizia, i tuoi peccati!», bisogna imparare «a guardare in alto verso Dio, ma anche in basso verso gli altri, gli ultimi». Infine Francesco si rivolge ai tanti ragazzi in piazza, «dobbiamo vivere la fede con cuore giovane, sempre, anche a ottant’anni!», e a quelli che il primo Papa sudamericano — li ha salutati per la pima volta in cinque lingue — incontrerà  in luglio, a Rio de Janeiro, per la Giornata mondiale della gioventù: «Vi do appuntamento in quella grande città  del Brasile! I giovani devono dire al mondo: è buono seguire Gesù, è buono uscire da se stessi, verso le periferie del mondo e dell’esistenza, per portare Gesù».
Gian Guido Vecchi


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