Ministri esterni, programma snello Il cambio di rotta per Palazzo Chigi
ROMA — Il confronto con Napolitano ha in parte modificato il profilo della squadra di governo che Bersani ha in testa. E anche le linee programmatiche che il segretario del Pd proporrà ai partiti saranno più asciutte rispetto agli otto punti annunciati. Il conflitto d’interessi, per dire di una delle riforme meno gradite al Pdl, di certo non verrà indicato tra le priorità dell’esecutivo. Crescita, lavoro, legge elettorale e ulteriori tagli ai costi della politica saranno le nuove parole d’ordine e il segretario pensa ora di declinarle in una chiave più istituzionale.
«I ministri? Stiamo a carissimo amico…» confessa un dirigente molto vicino al leader. Ma al Nazareno se ne parla, eccome. Se prima delle elezioni aveva sognato di portare a Palazzo Chigi un «mix di giovani ed esperienza», adesso Bersani è costretto a rivedere i suoi piani. Per trovare in Senato quel «sostegno parlamentare certo» che Napolitano gli ha chiesto, il presidente incaricato dovrà alzare ancora il livello (e forse pure l’età media) dei suoi ministri. Nell’inevitabile gioco del toto-nomi salgono così le quotazioni degli «esterni», eccellenze della cosiddetta società civile, e perdono quota le giovani leve democratiche: parlamentari come Alessia Mosca, Francesco Boccia, Paola de Micheli, Miguel Gotor, Andrea Orlando, storie che potrebbero tornare in corsa per posti da viceministro o sottosegretario.
Vista la difficoltà di «compiere il miracolo», per dirla con Matteo Orfini, Bersani non ha rinunciato all’intento di sparigliare e sorprendere, come gli è riuscito con i presidenti delle Camere Boldrini e Grasso. Ma, se possibile, punta ancora più in alto. Per il dicastero chiave dell’Economia pensa a Pier Carlo Padoan, capo economista e vicesegretario generale dell’Ocse. Per la Giustizia (o le Riforme) avrebbe puntato su Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale. Per gli Interni non gli dispiacerebbe riconfermare Annamaria Cancellieri. E per gli Esteri ha valutato l’ipotesi Mario Monti, come «ambasciatore» del nuovo governo nel mondo.
Il ruolo del premier uscente è ancora del tutto incerto, anche perché il Professore potrebbe decidere di tenersi sganciato dall’esecutivo in vista della partita del Quirinale. E ci sono altri nomi cari ai centristi che al Nazareno stanno valutando. Bersani sta cercando un «Passera non Passera» il cui identikit corrisponde a quello di Alberto Bombassei, patron della Brembo. E per la Cultura i montiani avrebbero riservatamente avanzato la candidatura di Ilaria Borletti Buitoni, ex presidente del Fai. Oltre alla filosofa Michela Marzano (Pari opportunità ), un’altra deputata che ha il curriculum giusto per entrare in un «governo competitivo e con molte donne», magari all’Istruzione, è la democratica Maria Chiara Carrozza, ex direttore della Scuola Sant’Anna di Pisa. Tra i professori contattati ci sarebbe anche Salvatore Settis, ex direttore della Normale.
A parte il vicesegretario Enrico Letta, in bilico tra un posto in squadra e la reggenza del Pd, Bersani vorrebbe tenersi il più possibile sganciato dal Parlamento, per portare a Palazzo Chigi intelligenze nuove alla politica. Talenti che il mondo ci invidia. Il socialista Riccardo Nencini ha fatto al segretario il nome di Mauro Ferrari, ma difficilmente lo scienziato delle nanoparticelle applicate alla medicina potrà lasciare Houston per guidare la Sanità . Molto si è parlato anche di Stefano Rodotà in chiave di calamita per i voti grillini, ora però le esigenze di Bersani — che guarda anche al Pdl e alla Lega — potrebbero essere mutate. Restano alte le chance di un ministero economico per Fabrizio Barca e dell’Agricoltura per Carlin Petrini, mentre al Nazareno dubitano di riuscire a coinvolgere Roberto Saviano, Emma Bonino e don Ciotti.
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