LA DEMOCRAZIA DEL CLIC

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I parlamentari, dunque, una volta eletti non rappresentano il popolo in genere e nemmeno i loro elettori in particolare, ma i membri certificati del loro movimento. Che G.e C. siano altresì contrari al voto segreto, il quale è stato spesso un rifugio di franchi tiratori trasformisti e magari mercenari, ma resta una garanzia dell’indipendenza altrimenti confiscata dai capi partito (e dai capi movimento). E che siano infine contrari al principio fondante del loro statuto– al non principio fondante del loro non statuto – che opinioni e decisioni debbano procedere dalla discussione e la consultazione attraverso la rete, dal momento che non c’è stata, salvo errore, consultazione e decisione in rete né altrove sulla condizione nuova e largamente imprevista (come ora vedremo) che è venuta mostrandosi in parlamento e nei partiti.
La democrazia diretta fa i conti, da che Atene è Atene, con le dimensioni. Una città , o una repubblica, che superi i 30 mila cittadini, è già  difficile da convocare, informare e far deliberare. L’agorà  offerta dalla rete non garantisce di superare la difficoltà : moltiplica almeno di altrettanto le pulsioni opposte della piazza. Alle “parlamentarie” 5Stelle hanno partecipato 40 mila iscritti. «Perdi mezz’ora per valutare i candidati, poi scegli con un clic». La prossima volta, dice C., «supereremo i 100 mila». Già  ora avremmo potuto averne «2 o 3 milioni». Domanda: quando saranno 3 o 30 o 300 milioni, basterà  sempre la mezzoretta per il clic?
Questioni di democrazia e dirigismo a parte (i movimenti “leaderless” rischiano sempre di sconfinare nelle convocazioni dal vicepreside) evocare comunque gli «impegni solennemente presi» è strampalato, dal momento che popolo, elettori, eletti e capi supremi devono pur confrontarsi volta per volta con situazioni diverse. È stata diversa la proposta, poi passata, per le presidenze di Camera e Senato. Forse lo sarà  quella per il governo e tutto il resto. In questi giorni, le situazioni diverse si affollano, e per così dire assediano i parlamentari 5Stelle. I quali non vorranno semplicemente arrendersi agli impegni solenni di una volta per tutte, no? Vediamo che previsioni avevano fatto G. e C. alla vigilia delle elezioni. «Il prossimo governo dovrebbe essere un Monti bis… L’hanno già  deciso a tavolino… Quindi si creeranno alleanze bipartisan». Finora non è successo: al contrario, il Pd finora ha escluso il “governo bipartisan”. «Vuoi la mia previsione? – diceva C. – Se il M5S avrà  una forte rappresentanza, Pd, Pdl, Sel, Udc, forse Ingroia, daranno vita a un governissimo, come è avvenuto per il sostegno a Monti, non cambierà  nulla». Nient’affatto: e per il momento l’eventualità  (speriamo nulla) che si arrivi a una versione di governissimo è legata solo all’ostinazione del M5S nel rigettare uno svolgimento diverso e opposto.
«In più, ci saranno Sel e forse… la faccia di Ingroia… ad appoggiare Monti o la sua politica». Non è successo, al contrario: Sel insiste sull’alleanza con i 5Stelle. Ammettiamo ora, Dio ne scampi, che alla fine si arrivasse davvero a un “governissimo”: G. e C. e i loro seguaci pretenderanno di cantare vittoria, di proclamare di aver avuto ragione? Ne saranno stati gli autori.
Todo cambia, dunque. Perfino il Papa è nuovo e imprevisto, e costringe a regolare il tiro: G. e C. avevano bensì constatato brillantemente che «non deve essere un caso che non esista un papa che si sia fatto chiamare Francesco», solo che ora esiste, e non dev’essere un caso.
Dunque l’intransigenza di G. e C. nel dichiarare tutto già  previsto e fissato nello statuto e negli «impegni precedentemente assunti» è eroicomica – Delenda Carthago, delendi tutti i partiti – ma fatica a conciliarsi con le previsioni sbagliate e le nuove condizioni. Ieri i due capigruppo 5Stelle all’uscita dalla consultazione col capo dello Stato hanno letto, un po’ per uno, i loro Venti Punti, inquadrati in una bugia iniziale – «abbiamo preso più voti di tutti» – e nell’ammonimento finale – «Questo è tutto!»: un episodio di analfabetismo politico, perfezionato dalla formidabile battuta: «Abbiamo tenuto sveglio Napolitano».
Forse la mia obiezione è conseguenza della vecchia logica per cui non ci si bagna mai nella stessa acqua, da superare con un “pensiero nuovo e magico”. Perciò torno a studiare i testi. Sono a pag.345 – quasi alla fine – dell’affidabile manuale di Andrea Scanzi. Dove lui chiede a Beppe Grillo: «Se le penali sono troppo alte, l’inceneritore si fa lo stesso?». Grillo: «Non scherziamo. Le penali, se obbligatorie, si troverà  il modo di pagarle. Ma l’elezione di Pizzarotti è stata anche un referendum contro l’inceneritore». In campagna elettorale erano arrivati a dire: dovranno passare sui nostri cadaveri. L’inceneritore si è fatto, e loro sono vivi e vegeti. Lo statuto è rigido, la vita è duttile. Appunto.
“ITALIANI!” – ancora uno sforzo.


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