Quel sondaggio di Bankitalia su 4.200 aziende

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Funzionasse davvero, forse oggi la Banca d’Italia non dovrebbe impegnarsi in ciò che invece ha scelto di fare: cercare di farsi un’idea, inevitabilmente approssimativa, dei debiti commerciali dell’amministrazione. Ai dati attuali, l’istituto di Via Nazionale ritiene che gli arretrati di pagamento valgano circa 70 miliardi di euro, ma dentro e fuori Palazzo Koch tutti sanno che questa cifra non ha alcuna pretesa di esattezza. Non può averne, perché è solo il frutto di un sondaggio a campione. Eppure è l’unico dato di cui l’opinione pubblica, gli investitori e persino il governo dispongono finora. L’iniziativa di derivare almeno queste informazioni a campione è partita in Banca d’Italia quando governatore era Mario Draghi. In teoria i debiti commerciali delle amministrazioni, quelli nei confronti dei fornitori, dovrebbero risultare chiari almeno al debitore finale: il ministero del Tesoro. Iniziative come Siope o il libro verde per la trasparenza dei conti pubblici, voluto con forza dall’allora ministro Tommaso Padoa-Schioppa, miravano proprio a fare chiarezza. Nella pratica invece questi sforzi non hanno prodotto molti risultati. Oggi né il ministero dell’Economia, né la Sace che è impegnata a ricomprare dalle imprese i crediti verso lo Stato, né alcun’altra istituzione pubblica o privata possiede un quadro reale della situazione. Nessuno conosce l’entità  esatta dei debiti commerciali delle amministrazioni centrali e locali, delle società  da loro partecipate e delle decine di migliaia di partecipate delle partecipate. Nessuno sa quanto pesino per esempio gli oneri in «perenzione», quelli che scompaiono dall’elenco delle passività  dopo uno o due anni benché l’obbligazione sottostante permanga. È per colmare in parte questo vuoto che la Banca d’Italia negli ultimi anni ha avviato il suo sondaggio. Inevitabilmente, il campione di Palazzo Koch non è vasto: appena 4.200 imprese sulle decine di migliaia che vantano arretrati verso lo Stato. In base alle risposte del gruppo di queste 4.200 aziende, Via Nazionale pubblica il suo sondaggio. Nessuno nella Banca d’Italia pretende si tratti di una cifra corretta ma poiché è la sola che esiste, dunque viene trattata con ufficialità  persino da Confindustria. L’unica struttura pubblica che potrebbe conoscere i dati reali, non quelli presunti, è la Ragioneria dello Stato. Il sistema Siope e i decreti attuativi del Tesoro sul sistema di certificazione dei crediti prevedono che la Consip, la centrale di acquisti dello Stato, comunichi le proprie informazioni alla Ragioneria e che quest’ultima li trasferisca al Tesoro. Ma il Tesoro non le ha. È possibile che la miriade dei centri di spesa sia semplicemente inestricabile. L’altra ipotesi è che, prima o poi, la Ragioneria collabori di più con il resto del governo.
Federico Fubini


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