I prossimi 10 anni cinesi: tra slogan e concretezza

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Fin dalla sua prima bozza la Costituzione della Repubblica Popolare Cinese (RPC) dedica attenzione alla descrizione delle tappe storiche che hanno portato il Partito Comunista Cinese (PCC) alla sua – perpetua – affermazione.

Nel sito del PCC ci sono cinque immagini che denotato quest’approccio “continuista alla storia”. Nella parte in basso a destra della home page si susseguono quattro schede, dove ad ogni immagine corrisponde una generazione al comando e ad ognuna il primo piano della personalità  che l’ha rappresentata. La prima è quella di Mao, seguita dalla seconda di Deng Xiaoping, poi la terza di Jiang Zemin e a concludere la quarta di Hu Jintao.

La linea costante con un passato comunista è stata rafforzata qualche anno fa attraverso “il discorso sulle generazioni” che ha offerto al mondo intero lo stile, chiaro nei modi, di fare cronologia storica. Ogni progenie il suo moto-obiettivo: se Mao è stato rivoluzione, Deng apertura, Jiang terza rappresentanza, Hu società  armoniosa, il Xi dei giorni nostri in che cosa si differenzierà ?

Il 22 febbraio il mainstream cinese ha festeggiato i 100 giorni di nuovo governo. La festa è stata soprattutto una ricerca di frasi e domande da fermare sulla lavagna ancora nera della quinta casella comunista.

Fra le righe della scatola mediatica mondiale sono state evidenziate alcune parole chiave: “lotta alla corruzione”, “stile ed esempio”, “consumo interno”, “rinascita nazionale” e “stabilità ”. Questi i pezzettini iniziali del puzzle del nuovo leader cinese.

Xi Jinping è il “sogno cinese di una rinascita nazionale”, come ha affermato l’agenzia governativa Xinhua, dunque rinnovamento e riforme (simbolico il suo viaggio nel Guandong ad imitazione – forse – di quello del padre delle aperture Deng Xiaoping).

Come da noi, anche nell’arena governativa di Pechino le regole dei giochi si stanno impegnando a ridefinire una spending review. Con un velato populismo, quel che arriva dai salotti rossi sono le volontà  di abbattere costi e sprechi inutili, sia di denaro che di tempo, guardando ad una Politica e ad un Partito che siano di esempio, che possano migliorarsi attraverso lo studio e la conoscenza, – in una e bella parola meritocrazia? -Resta invariato il comportamento oltre confine: avanzare pacificamente senza minare interessi altrui e corteggiando sempre il modus comportandi della non-interferenza.

Tasto dolente – non solo in Cina di questi tempi – è la lotta alla corruzione – formalmente iniziata – e, visti i caldi precedenti del 2012, ampiamente attesa e voluta, sia dal popolo che all’interno al PCC.

Ma il sogno cinese non si ferma. Xi Jinping sta facendo del consumo interno la trama perfetta per permettere alla società  cinese di difendersi dalla crisi e riequilibrare l’assetto interno, sia sociale che di mercato. Attraverso la neo middle class, corteggiata non solo dalla stessa Cina, ma da tutto il mondo, si auspica di fare il giro di boa all’incontenibile esportazione da una parte e migliorare le possibilità  di acquisto del popolo dall’altra. In un solo slogan-obiettivo: benessere.

È indubbio che simili architetture linguistiche sono “solo” un gioco appena iniziato se si pensa che Xi ha davanti dieci anni di massima leadership, e sebbene si conosca il suo passato anche come timoniere locale, è ancora troppo presto per mettere sul piatto sogni e reali evoluzioni.

Se tutti questi buoni propositi saranno i trampolini del prossimo sino-decennio, a fronte della situazione sociale attuale l’invito è a riflettere su come la stabilità  del paese verrà  gestita. I cinesi sono degli ottimi tuffatori ma le spese per la loro sicurezza restano comunque sempre elevate.

Le riforme richieste dal basso e solleticate dalla pioggia di sogni, saranno effettivamente motivo di stabilità  sociale e politica? Vedremo se alla lotta alla corruzione il PCC reggerà  le già  presenti instabilità  politiche interne, vedremo se il consumo si svilupperà  in orizzontale, se il benessere sarà  di conseguenza motivo di agio sociale, se il rinnovamento non sarà  solo slogan e se, quelle isole fra Cina e Giappone tanto piccole e così famose, testimonieranno il pacifismo nello sviluppo estero cinese.

Francesca Bottari


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