Il tramonto di inchini e baciamano e con Mugabe trenta secondi di gelo

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CITTà€ DEL VATICANO — La più impacciata è certamente Cecilia Morel Montes, moglie del presidente cileno Sebastian Pinera, che non riesce a districarsi dai rosari portati a benedire a Papa Francesco e finisce per non potergli stringere la mano. Ma subito dopo di lei è proprio Jorge Bergoglio a trovarsi più in difficoltà  di fronte alla sfilata dei potenti della terra. Per un vescovo pastore il protocollo più usuale è l’incontro con i fedeli al termine della Messa domenicale, com’è accaduto domenica a Sant’Anna. E lì non ci sono inchini, tentativi di baciamano, persone che si inginocchiano. Per superare l’imbarazzo, nell’incontro ravvicinato è lo stesso Bergoglio, talvolta, ad accennare all’inchino: succede con lo sceicco Abdullah del Bahrein. Spesso, facendo un passo avanti, riesce a impedire all’interlocutore di prostrarsi. Più difficile evitare i baciamano. Ma si vede che il nuovo pontefice si trova meglio quando l’ospite si limita a stringergli calorosamente la mano.
Papa Francesco vuole che l’omaggio dei signori del mondo avvenga di fronte alla tomba di Pietro, il primo papa martirizzato dal potere politico nel circo di Nerone, sul luogo in cui oggi sorge la basilica. Nemesi storica. Cristina Kirchner, la presidente argentina, apre la processione. Ha già  incontrato il Papa lunedì a pranzo e lì hanno chiarito almeno una parte delle loro note divergenze.
Gli bacia le mani il duca Richard di Gloucester, inviato dalla Regina Elisabetta. Non avrebbe mai vinto il viaggio a Roma, probabilmente, se a suo tempo Bergoglio non avesse preso le parti dell’Argentina nel conflitto delle Falkland. L’irritazione di Londra ha invece spianato la strada al semisconosciuto duca della cittadina del Galles, ventunesimo nella linea di successione al trono inglese.
Non meno imbarazzante l’incontro con Robert Mugabe, dittatore dello Zimbawe. Bandito da Usa e Ue per le violenze perpetrate in decenni di governo, si presenta con la moglie. Francesco lo saluta e tace. Mugabe inizia un lungo discorso sperando nella pubblicità  di quella immagine. Un addetto vaticano si avvicina da dietro per chiudere il siparietto. Il dittatore continua a parlare. Lo sfrattano e lo accompagnano lontano.
Molto cordiali gli incontro con Giorgio Napolitano (con la moglie Clio) e Mario Monti. «Il presidente del Consiglio compie oggi 70 anni», annuncia il delegato alle presentazioni. «Auguri», risponde Bergoglio. Monti ricorda al Papa di averlo già  incontrato quando era vescovo. Molto vigorosa la stretta di mano con Joe Biden, vicepresidente Usa. Si presenta visibilmente emozionata Angela Merkel, giacca nera su maglia blu elettrico. Dalla Spagna arrivano i principi Felipe e Letizia e il primo ministro Rajoy. La più calorosa nel saluto è certamente Dilma Rousseff. La presidente brasiliana si avvicina d’impeto ed esclama in portoghese: «Ecco un Papa che è un nostro Papa». Frase significativa perché è nota la tradizionale rivalità  tra brasiliani e argentini e non è un mistero che dal Brasile venivano papabili come Odilo Scherer. Rousseff vuole invece sottolineare che la prima volta di un Papa venuto dalle Americhe è una gioia per tutto il continente. La presidente brasiliana è una delle ultime a incontrarlo. Poi, finalmente, Francesco può lasciare la basilica. E tornare il Papa- parroco che abbiamo imparato a conoscere in questi giorni.


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