Bush, Blair e il gioco sporco delle spie Così «nacque» l’arsenale di Saddam

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LONDRA — Quando, il 19 settembre 2002, l’allora ministro degli Esteri iracheno Naji Sabri si presentò alle Nazioni Unite per dire «difenderemo la nostra terra con tutte le forze», gli occhi del capostazione Cia a Parigi, Bill Murray, e del capodivisione Cia per l’Europa, Tyler Drumheller, davanti allo schermo televisivo erano puntati su un dettaglio: il completo elegante che l’esponente della diplomazia del regime indossava mentre stava recitando il suo discorso all’assemblea Onu. Quello era il segnale che loro, gli uomini della Cia, aspettavano: il via libera alla collaborazione del ministro di Saddam Hussein con Langley.
Naji Sabri, sei mesi prima della guerra, aveva deciso di parlare con l’intelligence americana sui piani militari del dittatore. Nabil Mograbi, giornalista e intermediario arabo di base a Parigi, amico dello stesso Naji Sabri, aveva proposto agli 007 francesi una collaborazione e i francesi si erano premurati di girare il contatto a Bill Murray della Cia. Lui, il rotondo Bill Murray, non aveva esitato un minuto di troppo: aveva consegnato alla nuova «fonte», il giornalista e intermediario arabo, 200 mila dollari in contanti «in una busta di carta di colore marrone», quale ricompensa, e due vestiti. Se Naji Sabri avesse usato uno dei due, nel discorso del 19 settembre 2002, ciò avrebbe significato: va bene, ci sto. E così fu.
La Cia, attraverso Nabil Mograbi, fece arrivare a Naji Sabri una serie di domande. Una con precedenza assoluta: dove sono le armi di distruzione di massa? Naji Sabri rispose: non abbiamo armi biologiche, chimiche e nucleari, Saddam le ha prodotte in passato ma ha smantellato i magazzini, le ha distribuite alle tribù fedeli però ora non ci sono più. Bill Murray riportò subito ai vertici dell’agenzia, che era diretta da George Tenet. Le reazioni furono fredde se non ostili: «Usarono il mio rapporto in modo selettivo». Purgarono le informazioni che escludevano la presenza del pericoloso arsenale.
La Casa Bianca e Londra cercavano conferme alle loro tesi, l’agenda bellica era già  stata scritta. Il resto non contava. Neppure ciò che aveva rivelato il capo dei servizi segreti di Saddam, quel terribile Tahir Habbush al-Tikriti che, inaspettatamente, si era confidato con gli 007 britannici in campo neutro, in Giordania. Pure lui aveva insistito: no, non ci sono le armi di distruzione di massa.
È la Bbc, nel programma «Panorama» in onda questa sera (titolo «The spies who fooled the world», le spie che hanno imbrogliato il mondo), ad alzare il velo sulla rete di trame tessuta dalla Cia e dall’«MI6». Un documentario firmato dal giornalista investigativo Peter Taylor e al quale ha contribuito l’italiana Alessandra Bonomolo. Washington e Londra hanno spinto sull’acceleratore della guerra con una parallela attività  di depistaggio: sia cancellando le informazioni ottenute da fonti vicine a Saddam (il ministro degli Esteri e il capo dei servizi segreti iracheni) e che non apparivano in sintonia con i progetti di invasione in quanto smentivano l’esistenza delle armi chimiche-biologiche-nucleari, sia utilizzando le soffiate false di altre fonti, che invece potevano puntellare la strategia dei bombardamenti fondata proprio sulla presenza della polveriera distruttiva di Saddam Hussein. Soffiate ottenute da numerosi confidenti per niente attendibili, due i principali: «Curveball» e «Red River» (nomi in codice).
Uno, «Curveball», gestito dall’intelligence di Berlino ma da questa definito «un bugiardo» e mollato nel giro di dodici mesi, l’altro, «Red River», manipolato dai britannici dell’«MI6», anch’egli un professionista dei dossier-bluff. Un’operazione chirurgica di camuffamento della realtà  e di costruzione di un’altra realtà , «politicamente» accettabile e spendibile a livello interno e internazionale.
Lo confermano, alla Bbc, i testimoni che si sono lasciati intervistare: oltre agli agenti della Cia, Bill Murray e Tyler Drumheller, gli ex capi dei servizi segreti della Francia, Pierre Brochard, e della Germania, August Hanning, il mentitore «Curveball», ovvero Rafed Al Janabi (l’identità  vera) che candidamente sostiene di avere passato notizie non vere, il generale sir Mike Jackson, comandante delle forze armate britanniche dal 2003 al 2006 («ciò che so è che l’intelligence non sempre ha detto la verità  e che ciò appariva come oro per i servizi segreti era falso oro»), Brian Jones nello staff del «Defence Intelligence Staff» britannico («Non ci furono mai indicazioni che Saddam avesse ordigni nucleari»). E altri ancora dell’opposizione al regime che spiegano il ruolo avuto dai servizi segreti nei mesi e nelle settimane di vigilia del conflitto.
«Curveball», che la Cia aveva indicato come sua fonte «migliore», e «Red River», la talpa dei britannici, sono due capitoli esemplificativi e interessanti di questa storia piena di imbrogli: se la guerra è scoppiata è anche grazie alle loro invenzioni. «Curveball» aveva collaborato con l’intelligence di Berlino che però lo aveva abbandonato avvertendo i colleghi della Cia: non credetegli. «Red River» era la gola profonda degli 007 britannici. Entrambi avevano spifferato che le armi di distruzione venivano fabbricate in laboratori mobili, in continuo spostamento da una base all’altra.
«Curveball» aveva persino disegnato e localizzato per la Cia una di queste basi. Le immagini satellitari lo avevano smentito. Eppure il 5 febbraio 2003, il segretario di Stato Usa Colin Powell si presentò all’Onu con le cartine e le foto per dimostrare che Saddam disponeva delle armi di distruzione e che le dislocava sui camion. La Cia, nonostante i suggerimenti dei tedeschi, aveva ascoltato «Curveball», gli aveva dato credito e aveva poi passato il dossier a Colin Powell. «Ho mentito» sorride ora «Curveball» alla Bbc.
È un mosaico di inganni, di bugie, di analisi spregiudicate e superficiali, quello che si era formato alla vigilia del conflitto. Sembra quasi incredibile che l’intelligence britannica abbia dato credito a fonti di terza e quarta mano, mai dirette, addirittura per riportare a Downing Street che il dittatore sarebbe stato in grado di scatenare la sua macchina da guerra chimico-biologica in 45 minuti e con missili a lungo raggio. In verità  quelle fonti avevano indicato uno scenario ben diverso di missili a corto raggio e non con testate distruttive. E uno degli informatori non era che un taxista iracheno il quale aveva orecchiato un discorso fra due suoi clienti. Si poteva contare su una «risorsa informativa» del genere?
Così è nata la guerra. Con le «spie che hanno ingannato il mondo». Dieci anni dopo tutto è più chiaro.
Fabio Cavalera


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