Sepàºlveda: non in nome del Cile

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Questo non significa che lo scrittore non sarà  presente al Salone del libro: Sepulveda presenterà , infatti, il suo ultimo libro duranti la kermesse torinese. La sua decisione nasce dalla volontà  di manifestare nuovamente la solidarietà  dello scrittore cileno con gli indigeni mapuche, che lottano per rientrare in possesso delle loro terre ancestrali.
Sepulveda – uno degli scrittori di lingua spagnola più letto e tradotto in Europa – ha manifestato più volte il suo appoggio con le mobilitazione dei nativi, il cui nome in lingua mapudungun vuol dire «gente della terra». Già  nel 2011, durante uno sciopero della fame portato avanti dai prigionieri mapuche per 88 giorni, Sepulveda aveva sostenuto gli indigeni.
Quasi il 9% dei 17 milioni di cileni è di origine mapuche, eppure il razzismo nei confronti di questo popolo è ben lontato dal finire. Da sempre hanno vissuto lungo il fiume Bà­o-Bà­o, ma ormai sono confinati nel 5% di quel territorio. Tra i mapuche, il tasso di indigenza raggiunge il 22,9% (contro il 14,4% esistente nel resto del paese) e quello della disoccupazione sfiora il 7%.
Oggi cercano di resistere alle grandi imprese del legno e dell’agro-business che depredano i loro territori e spesso impediscono l’accesso all’acqua. Vengono perseguiti in base a una «legge anti-terrorista», imposta nell’84 dal dittatore Augusto Pinochet e mai venuta meno né con i governi di centro-sinistra, né con la destra, al potere dal marzo 2010.
I mapuche che cercano di recuperare i propri territori, vengono accusati di incendio o devastazione è condannati a pene durissime durante processi in cui l’accusa produce testimoni mascherati, impossibili da contestare. Periodicamente, i mapuche cercano un dialogo con il governo, finora sempre disatteso. Lo scorso gennaio si è tenuto un vertice delle comunità , a cui è stato invitato anche il presidente del Cile, il miliardario Sebastian Pià±era: il quale non si è fatto vedere, ma ha inviato due rappresentanti. I mapuche chiedono la smilitarizzazione dei loro territori e la restituzione delle terre. A febbraio, un nutrito gruppo di comunità  ha deciso che, di fronte al persistere della repressione e alle decisioni «unilaterali» prese dal governo potrebbe dichiarare l’autonomia amministrativa delle regioni.


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