I dubbi sul «curiale» Scherer

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CITTà€ DEL VATICANO — Nera, nerissima. Ma niente paura. Non ci sarà  bisogno di ricorrere al sistema indubbiamente pratico, seppure un po’ rude, adottato dal popolo devoto ma spiccio durante il Conclave iniziato nel 1268 a Viterbo: visto che i 17 cardinali elettori tergiversavano da un anno, li murarono nell’edificio lasciando solo un varco nel tetto per passare loro pane e acqua e poco altro, ci vollero ancora un paio d’anni ma funzionò: habemus papam (Gregorio X). Questo Conclave è ancora meno scontato del solito ma si tratta di attendere ore, non anni: se non oggi — si dice — domani.
«Prevedo l’elezione del Papa entro giovedì sera e la messa inaugurale il 19 marzo, per San Giuseppe», preconizzava ieri uno dei papabili, il cardinale di New York Timothy Dolan. Perché è «necessario edificare l’unità  della Chiesa» e «cooperare col successore di Pietro», come sillabava ieri il decano Angelo Sodano: e le parole dell’ex segretario di Stato, che non è entrato nella Sistina ma ha guidato gli incontri dei cardinali, più che un auspicio sembrano l’espressione di una cognizione comune, il bisogno di voltar pagina dopo le troppe tensioni interne. E poi perché la successione serrata degli scrutini — quattro al giorno, due la mattina e due al pomeriggio — è pensata per decidere bene ma in fretta: da stamattina si fa sul serio, ogni votazione può essere quella buona.
Il voto di ieri, tuttavia, non è stato rituale né vano: è servito a dispiegare la rosa di almeno quattro candidati principali e valutarne il peso. C’è il sostegno forte al cardinale Angelo Scola e la spinta altrettanto forte a eleggere un «candidato americano»: il canadese Marc Ouellet, poliglotta che conosce bene l’America Latina; uno dei cardinali statunitensi (Dolan ma anche il cappuccino di Boston Sean O’Malley e Donald Wuerl, Washington) e il brasiliano Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo. Qui però entra in gioco il rischio di blocco reciproco, quasi dei «veti incrociati», anche se il Conclave sfugge alle categorie politiche e alla logica rigida degli schieramenti: si vota una persona e si sceglie un Papa. Scherer tuttavia deve fronteggiare i malumori di chi lo etichetta come «curiale» per il sostegno dei cardinali di estrazione diplomatica, un’opposizione cresciuta dopo la difesa dello Ior (fa parte della commissione di vigilanza). Così, come eventuale alternativa per chi guarda all’America Latina, cresce il nome del cardinale messicano Francisco Robles Ortega, 64 anni, arcivescovo di Guadalajara devoto di Padre Pio che ha fatto ottima impressione tra i confratelli.
Lo stesso Angelo Scola, del resto, rischia di scontare la sua estrazione ciellina (una volta osservò ironico: «È come avere due peccati originali»), anche se il suo profilo va ben oltre. L’americano Wall Street Journal dava ieri voce a un anonimo «cardinale europeo» che diceva avrebbe «sollevato il caso Cl» in Conclave, accusando Scola d’essere «troppo legato alla politica», mentre un altro diceva che «i legami con Cl» gli alienavano i voti italiani e anche l’inglese Guardian insisteva sull’«amicizia di vecchia data» con Formigoni. Resta poi molto forte e coeso il gruppo degli undici statunitensi: se anche non arrivassero a esprimere il Papa, avranno un ruolo centrale nell’elezione. E resta solida la possibilità  che Ouellet, allievo di Hans Urs von Balthasar e vicinissimo a Ratzinger, possa avere un consenso «trasversale».
Il quorum è fissato a due terzi dei 115 elettori anche in caso di ballottaggio all’undicesimo giorno: occorrono almeno 77 voti per eleggere il Papa e questo rende più facile «bloccare» l’ascesa di un nome. Per forza di cose le varie anime devono trovare un accordo. I sostenitori di Scola sono fiduciosi, si arriva a calcolare «45-50» voti potenziali, gli altri superano al più la trentina. Ma non c’è tempo da perdere, in un Conclave: un candidato può partire bene e crescere, ma se dopo due o tre scrutini resta allo stesso punto si passa a un altro, le alternative sono già  meditate. Stamattina il secondo e terzo scrutinio, nel caso il quarto e il quinto al pomeriggio e, domattina, il sesto e il settimo. Più si andrà  avanti e più prenderanno forza i cosiddetti «outsider», in realtà  altre personalità  di spessore già  in gioco: a cominciare dall’ungherese Péter Erdචe dall’austriaco Christoph Schà¶nborn, e ancora gli italiani Gianfranco Ravasi e Angelo Bagnasco, il filippino di madre cinese Luis Antonio Gokim Tagle, il cardinale di Hong Kong John Tong Hon, il guineiano Robert Sarah e il ghanese Peter Turkson. Ieri sera i cardinali avranno parlato dopo cena, stamattina lo faranno a colazione, gli incontri proseguono pure nei giorni di «reclusione»: nella storia dei Conclavi i Papi sono sorti e tramontati anche in poche ore.
Gian Guido Vecchi


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