Il lavoro dei mediatori per far prevalere Scola Corsa di Ouellet e Scherer

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CITTà€ DEL VATICANO — Quomodo vocaberis? Chissà  se i cardinali cominciano a pensare alla risposta che darebbero nella Sistina, «come vuoi essere chiamato?», nel caso in cui… «I cardinali ora non ci pensano», taglia corto padre Lombardi e sorride, «del resto non credo che siano molti a doversi preoccupare…». Già , ormai non sono molti. Il cardinale di Parigi André Vingt-Trois diceva ieri che è rimasta «una mezza dozzina di candidati plausibili». La settimana di congregazioni generali non è passata invano. E in queste ore di contatti e incontri ci sono «pontieri» di varie nazionalità  â€” a cominciare dai 28 italiani, i più spaccati — che cercano di comporre il quadro e coagulare i voti (potenziali) intorno ai loro papabili.
Il problema, si spiega, «è che non si può rischiare di votare al primo scrutinio un candidato opposto a un altro senza essere sicuri di avere un sostegno di partenza forte: verrebbero bruciati tutti e due, e si passerebbe ad altri nomi». Il quadro del Conclave, al momento, sta tutto qui. La situazione è «fluida», l’aggettivo più ricorrente nelle varie anime del Collegio. Non esiste un cosiddetto kingmaker che domini sugli altri e nessuno dei candidati «forti» ha oggi il sostegno, quasi cinquanta voti, che nel 2005 portava con sé Joseph Ratzinger all’ingresso nella Sistina. Cardinali come Angelo Scola, il canadese Marc Ouellet, gli statunitensi (che a seconda di come vanno gli scrutini hanno a disposizione tre nomi: Wuerl, Dolan e O’Malley) e il brasiliano sostenuto (anche) dalla Curia Odilo Pedro Scherer viaggiano al massimo intorno ai trenta voti, per ora, e per eleggere il Papa ne occorrono almeno 77. Per questo si sta cercando di consolidare i consensi ma non è facile, a quanto si sa molti elettori custodiscono due o tre opzioni, si naviga a vista.
Data la situazione, però, lo scenario del Conclave si prospetta molto diverso da come si tende a immaginarlo. Esistono idee implicite, pre-giudizi così forti da non essere talvolta neppure messi in discussione. Uno di questi è che un Conclave debba partire per forza come la «sfida» tra due antagonisti, uno contro l’altro. Ora, a parte che molti «papabili» potrebbero votarsi perché si conoscono e stimano da tempo e hanno accumulato negli anni incontri e inviti reciproci (Scola, per dire, a fine febbraio sarebbe dovuto andare per una lezione nella diocesi di Wuerl, a Washington), la «sfida a due» non è uno schema fisso e non lo è tantomeno in questo Conclave. Per come stanno le cose, si spiega Oltretevere, dopo una settimana di congregazioni generali la prospettiva più naturale è che si parta votando tre-quattro candidati — il che eviterebbe il rischio di «bruciarli» — valutando poi, nel succedersi serrato degli scrutini, come evolve la cosa.
Non che i 115 elettori ragionino per nazionalità  â€” i cardinali guardano anzitutto alla persona — ma la situazione è tale che si parte da due Continenti e tre aree geografiche: uno o due candidati nordamericani (Ouellet e uno degli statunitensi), il sudamericano Scherer e Scola. In tutto questo, fondamentale, va tenuta presente la regola del Conclave così come Benedetto XVI ha voluto modificarla nel 2007: il quorum rimane fissato a due terzi anche dopo il trentaquattresimo scrutinio e il ballottaggio. Nessuno immagina si arrivi a uno stallo fino all’undicesimo giorno, però la regola è importante psicologicamente: nel 2005 la prospettiva era arrivare a un ballottaggio nel quale avrebbe vinto chi aveva la metà  più uno dei voti, e il timore di creare una «spaccatura» sul Papa poteva convincere a sostenere subito il candidato più forte. Ora non è più così: una candidatura non abbastanza forte viene bloccata più facilmente. Il che spiega perché tra gli italiani — il gruppo in teoria più influente: 28 elettori — si stiano muovendo i «pontieri» che tentano di convincere i connazionali a votare per Scola, il quale trova ora i maggiori consensi tra i cardinali «stranieri». Gli italiani di Curia, ad esempio, puntano però sul Segretario di Stato. Fra chi sostiene l’arcivescovo di Milano c’è grande fiducia, «che i cardinali si siano presi ancora tempo è significativo».
Di certo è significativo che il Collegio, tra i «curiali» che puntavano a domenica o lunedì e gli «stranieri» che volevano più tempo, abbia deciso di iniziare il Conclave martedì «con una maggioranza inequivoca, direi dieci a uno», ha spiegato ieri padre Lombardi: il che conferma il compromesso e un clima propizio al voto nella Sistina. Forse mercoledì o al più tardi giovedì si attende il nuovo Papa. Il clima è tutto sommato «sereno». Anche in caso di «stallo multiplo» le alternative, del resto, non mancano: il messicano Francisco Robles Ortega, l’austriaco Christoph Schà¶nborn e l’ungherese Péter Erdà¶, le suggestioni di Africa e Asia…
Gian Guido Vecchi


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